Un libro immerso completamente nella storia contemporanea, frutto dell’incontro tra due esuli, Miguel Littín e Gabriel García Márquez, questo è Le avventure di Miguel Littín, clandestino in Cile.
Questo volume è frutto di un intervista durata una settimana intera che diede come risultato seicento pagine di relazione che Márquez condensò in circa centocinquanta.
In primo piano si trova il Cile, che nel 1973 subì il golpe avvenuto per mano del generale Pinochet poi autoproclamatosi presidente, ed essendo il famoso regista Miguel Littín collaboratore dell’allora presidente Salvador Allende si vede costretto ad abbandonare il suo paese; in seguito gli fu negato di rientrare in patria dato che era ritenuto una minaccia per la dittatura vigente.
Dodici anni dopo, parlandone quasi per scherzo una sera a San Sebastian durante il Festival del cinema espresse il suo desiderio di ritornare laggiù in Cile per girare un documentario sul cambiamento del paese prodotto dalla dittatura. Il produttore italiano Luciano Balducci lo prese sul serio e così cominciarono le avventure del nostro protagonista. Alla fine del suo viaggio Littín produsse 7000 metri di pellicola tramite i quali creò un film dalla durata di quattro ore, poi prodotto in versione ridotta per le sale cinematografiche, dal titolo Acta general de Chile.
Ovviamente non essendogli possibile rientrare nel paese con la sua identità fu costretto a celarsi dietro una falsa: quella di un pubblicitario uruguaiano. Per farlo dovette cambiare molte cose, tra cui il suo peso, il vestiario, si dovette imparare a truccare e dovette persino cambiare il suo accento per dare maggiore credibilità al suo personaggio.
Ad aiutarlo durante questa impresa ci furono tre troupe europee e sei giovani della resistenza cilena interna.
Il piano prevedeva che ogni troupe europea avesse il suo progetto di lavoro visionato e autorizzato dal governo: ad esempio la troupe italiana come copertura dovette realizzare un documentario sull’emigrazione italiana in Cile, in particolare sul lavoro di Gioacchino Toesca, un architetto romano che si occupò della costruzione del Palazzo della Moneda.
Miguel Littín trascorse così il suo tempo tra il 1985 e il 1986 girando per il Cile e scontrandosi con la dura realtà della dittatura che aveva cambiato il paese che conosceva: questo voleva, come già detto, essere lo scopo principale della pellicola girata e straordinariamente Littín vi riuscì, anche se con qualche brivido che correva dietro la schiena sempre per la paura che venisse scoperta la sua vera identità, cosa che gli sembrò accadere molto spesso per il tempo in cui permase in Cile, ma che avvenne soltanto proprio mentre stava tornando a casa dopo l’ultimo giorno di riprese.
Il film suscitò un grande scalpore, ma purtroppo non riuscì a spegnere la dittatura di Pinochet, cosa che invece accadde l’11 settembre 1990 quando si rese responsabile di crimini contro l’umanità.
Ebbene, questo libro scritto ormai più di trent’anni fa porta in sé ancora delle tematiche molto attuali come quelle della clandestinità e della migrazione. Márquez e Littín non ci lasciano quindi solo una testimonianza dei tempi passati, ma anche temi di cui si sente molto parlare oggigiorno.
Gabriel García Márquez, La aventura de Miguel Littín clandestino en Chile, Penguin Random House Grupo Editorial, Barcellona, Luglio 2014