Achille Lauro: il primo che “quello che dice lo ha fatto”

Essendo passati una decina d’anni dalla crisi del 2008, oggi si può certamente affermare che la città italiana che meglio ha saputo sollevarsi, spostando sempre più a nord la centralità economica del paese, sia stata Milano. Investimenti (per esempio il Bosco Verticale e il Palazzo Unicredit), riqualificazione di interi quartieri (come CityLife) e la responsabilità di importanti eventi (tra gli altri: EXPO 2015 e la finale di Champions League 2016) sono lì a testimoniarlo. Questa premessa sembra non centrare molto con la musica. In realtà, il bisogno creativo e la capacità di esprimersi in maniera non convenzionale, seguono esattamente la logica opposta a quella dei soldi: si dipanano nei luoghi dove più c’è bisogno di speranza e voglia di evasione. Proprio per questo, se per la solidità amministrativa, la pulizia o le infrastrutture sembra ancora non esserci storia, la nuova scena musicale di Roma non ha nulla da invidiare a quella meneghina. I giovani della capitale vivono una stagione di grande fermento e gli esempi sono numerosissimi: al termine di una sintesi che ha visto mischiarsi gusti personali ai risultati ottenuti, la lente di ingrandimento è stata puntata su Achille Lauro.

Lauro De Marinis (1990), fratello minore del producer della storica crew Quarto Blocco, ha iniziato la sua carriera musicale nel 2013, ma è grazie al concept album Ragazzi Madre (2016) che ha dato una decisa impennata alla propria carriera.

Il titolo rimanda alla condizione in cui numerosi bambini delle periferie romane sono costretti a crescere data l’assenza di alternative. A differenza della quasi totalità dei suoi colleghi gangsta rap, Lauro parla di realtà conosciute e vissute: dall’età di 10 anni infatti, non vive più coi genitori e nel mentre si è mantenuto tramite espedienti. Questo fino a quando Marracash non gli diede un’opportunità attraverso la sua etichetta Roccia Music: vita di strada e vita, in questo caso, coincidono. È quindi lui in primis a essere “ragazzo madre”. Mentre i precedenti lavori Immortale (2014) e Dio C’è (2015) mettevano gli ascoltatori nella condizione di rispecchiarsi nella sua storia, nell’ultima opera l’artista ha voluto prendere un po’ degli altri e metterlo nel disco. I contenuti sono crudi ed espliciti (tanto quanto la copertina): l’ascoltatore entra nei corridoi delle case popolari e, come nel miglior documentario, riesce a percepire quel malessere perpetuo da cui sembra impossibile venire fuori. Non c’è esaltazione od ostentazione, solo realismo. La forma segue la falsariga dei lavori precedenti: la figura retorica che lo contraddistingue maggiormente è l’epifora.

L’obiettivo dichiarato era quello di ottenere un “upgrade nell’arte, fare un disco che fosse musica e non un fenomeno passeggero”. Potrebbe sembrare un discorso banale, se non fosse che nel rap italiano sia attualmente in vigore la corrente opposta. Anche il fatto di parlare di “arte”, riferendosi alla musica, dimostra la solennità che il ventisettenne sta attribuendo a quest’occasione. I risultati non si sono fatti attendere: Ragazzi Madre ha ottenuto la prima certificazione FIMI della carriera di Achille Lauro, vale a dire il platino per il singolo Ulalala, vero capolavoro del producer, nonché amico, Boss Doms, figura silente che mosse i primi passi in un ambiente completamente diverso, vale a dire la musica elettronica. Il team di lavoro è completato da Frenetik e Orange, che collaborano anche con Gemitaiz, a testimonianza di una scena romana coesa che rema tutta nella stessa direzione. Anche i due tour che ne sono seguiti hanno ottenuto un’ottima recensione dagli addetti ai lavori: più che concerti viene quasi da parlare di raduni, ove la complicità tra chi si trova sopra e sotto al palco è totale. Di recente, sono inoltre state annunciate due date, all’Atlantico di Roma il 22/3 e all’Alcatraz di Milano il 25/3, dal titolo Midnight Carnival.

Facendo un passo indietro, il motivo per cui anni fa mi imbattei in Achille Lauro fu a causa di una sua foto col volto coperto da un passamontagna che attirò la mia attenzione. Egli infatti è sempre stato, molto prima di personaggi quali la Dark Polo Gang, un fautore di bizzarre mode, come lo spavaldo vestiario femminile, la passione dei capi firmati (in parallelo alla carriera da cantante, egli è a capo di No Face) o il massiccio, nonché frivolo, uso dei social media. Tutto questo indubbiamente piace e attira i giovanissimi, ma se ci si fermasse a questa semplicistica chiave di lettura, si perderebbe l’opportunità di confrontarsi con uno dei più abili narratori di Roma e dei suoi problemi. Con Amore Mi e Non Sei Come Me, gli ultimi due singoli che anticipano l’album di inediti composto nel secret village e atteso per il 2018, c’è stata infine la conferma di essere di fronte a un sound europeo, rivoluzionario qui da noi, a cui l’etichetta “rap” sta oggettivamente stretta, proprio a causa delle eterogenee esperienze che si sono mescolate in fase di creazione.

 


 

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