Nel corso di una New York Fashion Week sentita da molti come leggermente confusionaria e non proprio memorabile, a risollevare gli animi e portare un pizzico di speranza nei cuori dei critici (ma non tutti) ci ha pensato Raf Simons.
Il designer belga, Chief Creative Officer di Calvin Klein da Agosto del 2016, è ormai arrivato alla terza collezione con il marchio, collezione che ha evidenziato chiaramente l’impronta che Simons intende lasciare sul brand. La presentazione si è tenuta in una sala dell’American Stock Exchange Building, che per l’occasione e con la coordinazione dell’artista Sterling Ruby, affatto alla prima collaborazione con Simons, si è riempita di riproduzioni di Andy Warhol stampate su pareti simili a quelle di un fienile.
E di popcorn.
Quasi 200.000 kg, che hanno richiesto tre settimane di preparazione.
Spettatori e modelli avranno senz’altro vissuto un’esperienza indimenticabile, cercando di trovare i propri posti e sfilare nel fruscio della massa di popcorn ai loro piedi. Forse, non era l’evento adatto per sfoggiare un nuovissimo paio di stivali vellutati o scamosciati. O sandali, sebbene la temperatura e la location forse avessero già scoraggiato questa scelta.
Perché i popcorn?
Avrebbero dovuto rappresentare qualcos’altro? Dalla neve alla cenere, le ipotesi si sprecano. O porsi come critica alla società consumista, una di quelle risposte passepartout? O erano completamente casuali? Raf Simons li trova deliziosi e voleva condividere il proprio amore per questi snack salati con il suo pubblico?
Come spesso accade nel regno dell’arte contemporanea è difficile dare una risposta chiara e sensata. E lo è anche sapere quale domanda formulare. Non è la prima volta che una passerella esce dai ranghi di sfondo neutro e fine a se stesso per diventare una vera e propria installazione, parte integrante della collezione cui sta facendo da cornice. Anzi. I tempi in cui tutte le sfilate si tenevano su una passerella uniforme e immemorabile sono ben lontani, e non sono neanche durati troppo.
Si sa, all’haute couture è sempre piaciuto osare e farsi ricordare.
Tuttavia, è quasi garantito che con questa sfilata Raf Simons abbia scritto perlomeno una nota a piè di pagina della storia della moda. Non è difficile immaginarla insediarsi, di qui a vent’anni, in cima alle classifiche delle sfilate più memorabili degli ultimi tempi.
L’ambientazione rurale ed il tappeto di popcorn hanno senz’altro dato all’evento un’atmosfera surreale ed allucinata, facendo somigliare la passerella al set di un film post-apocalittico ambientato su un pianeta che abbia quasi tutte le carte in regola per diventare abitabile. Uno scenario molto più inquietante di quello a cui Calvin Klein aveva abituato il pubblico. Solo alla New York Fashion Week del 2013, tutto girava intorno ad abiti minimalisti ed una passerella bianca, quasi asettica.
Ma forse questo immaginario era diventato vecchio e stantio. E forse serve un po’ di sana ironia postmodernista per impedire alla moda di stagnare nell’ovvio.
Dopotutto, l’abilità di Raf Simons di comprendere sia i consumatori che i meccanismi della moda si è rivelata vincente ed ha rilanciato Calvin Klein dopo che, negli ultimi anni, la compagnia aveva dovuto accusare qualche colpo.
Immagine 1 (dall’account Twitter di Vanessa Friedman, fashion director New York Times)