La semplice e profonda lezione di vita di “Wonder”

Si dice comunemente di non giudicare un libro da un copertina. Sul retro del libro Wonder (2012) la frase viene cambiata in “non giudicare una persona da una faccia”. A prima impressione sembrerebbe un riferimento al fatto che una persona non andrebbe giudicata dall’aspetto esteriore, ma dal carattere. La frase si riferisce invece a un caso più particolare: una disabilità che rende il viso deforme. Si tratta di una conseguenza della sindrome di Treacher Collins; ne è affetto August un bambino di dieci anni di New York.

R.J.Palacio, Wonder, Giunti Editore, 2013.

Si potrebbe pensare che il libro sia la storia di una disabilità con le problematiche e sofferenze che comporta.  La sofferenza di August e della sua famiglia. Le difficoltà date dalle reazioni altrui e dai problemi di salute. Non è invece così. Wonder racconta sì di una disabilità, della sofferenza di chi ne soffre e della sua famiglia, delle reazioni di chi incontra August. Il tutto però è raccontato con una normalità senza pietismi direttamente da August, quindi con i tipici toni di un bambino di dieci anni.

August infatti, pur consapevole della sua situazione, non si piange addosso nè vuole impietosire. Vorrebbe essere semplicemente considerato normale, perché lui si vede così. E’ un bambino come tanti: ama i videogiochi, il suo cane e Star Wars. Il merito del suo atteggiamento non vittimistico va ai genitori. I quali sono sempre propensi al dialogo e a cercare di ragionare con i figli. Sono inoltre in grado di sdrammatizzare, anche la disabilità del figlio, come dimostrato dal racconto ai figli della nascita di August.

Il libro inizia quando August scopre che, i genitori vogliono mandarlo a scuola. Per lui ha uno shock, ha sempre studiato in casa seguito dalla madre. Inizialmente è reticente. Non vuole uscire dalla bolla protettiva in cui è stato fino ad ora. Ha paura di dover affrontare ogni giorno la reazione degli altri, di dover ogni giorno vedere quegli sguardi che per un attimo virano verso il basso. O di far scappare dalla paura e ribrezzo come è capitato al parco. Tuttavia, i genitori riescono a convincerlo a visitare la scuola. Il preside chiede a tre alunni di mostrare la scuola ad August, il quale una volta a casa è combattuto tra la tristezza e una punta di felicità. Una cosa che definisce “pianto-riso”.

August inizia la prima media. Ovviamente nessuno lo avvicina e nota gli altri ragazzi bisbigliare. Fino al pranzo, quando una ragazzina mai vista si siede al suo tavolo. E’ Summer con la quale August inizia un’amicizia. Così come la instaura con Jack Will. Fino a quando lo sente fare insieme ad altri compagni battute cattive su di lui, asserendo inoltre di passare del tempo con lui solo perché glielo aveva chiesto il preside. August smette di parlargli, fino a quando grazie anche all’intervento di Summer i due si chiariscono. Addirittura lo difenderà aggredendo il bulletto Julian, suo vecchio amico.

Pian piano August riesce ad ambientarsi e conquistare tutti, compresi i due amici più cari di Julian, che durante una gita salveranno lui e Jack dall’attacco di ragazzi più grandi. Alla fine sarà proprio questa sua “forza di attrazione” che gli varrà un importante premio scolastico. August una volta rotto il ghiaccio si rivela infatti non solo molto intelligente ma anche ironico e auto-ironico. Una forza di attrazione che esercita anche sui lettori.

Alla fine del libro ci si sentirà un po spaesati senza più la compagnia di Auggie, dei suoi amici e famiglia, dei precetti del signor Browne. Senza le  vicende quotidiane di Auggie in cui immedesimarsi. Ma non sarà così, perché Wonder è un libro che ti rimane dentro, aggrappato al cuore con il suo forte insegnamento. Merito anche del fatto che la storia ci viene raccontata da più punti di vista. Otto personaggi ci presentano la stessa vicenda, andando a costituire gli otto capitoli del libro, che sono introdotti da un piccolo ritratto e la citazione di una canzone (ad eccezione del capitolo Jack), altra nota originale del libro, che facilita ancora di più l’immedesimazione. Il titolo poi è, come indica l’introduzione, un esplicito riferimento alla canzone “Wonder” di Natalie Merchant del 1995, il cui tema è appunto il fatto che una persona con disabilità può superare la sua condizione.

Wonder potrebbe essere inteso come libro per bambini. In effetti è indicato come lettura per le scuole. Il suo insegnamento tuttavia è valido, molto valido, anche per gli adulti. Lo scoprire che tutti abbiamo una storia più profonda di quello che mostriamo, un sostrato che influisce i nostri comportamenti, il capire che la meraviglia (wonder in inglese) è in ognuno di noi, che tutti siamo una meraviglia, in quanto capaci di superare le nostre difficoltà e affrontare il mondo.  Anche una persona affetta da disabilità, tematica che come ci insegna Wonder non dovrebbe più essere trattata come un tabù. Come la stessa autrice fa capire, parlando del motivo per cui ha scritto il libro, bisognerebbe essere più empatici. Se ci mettessimo di più nei panni altrui capiremmo che anche atteggiamenti apparentemente innocui possono ferire.  Non si tratta di educazione ma, di gentilezza. Come spiegato dal primo precetto del signor Browne bisogna essere sempre gentili.

“Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile.” (Dr. W. Dyer).


FONTI
R.J.Palacio, Wonder. Giunti Editore s.p.a. (2013).

 

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