Achille stava guardando il corpo martoriato e ormai esanime del suo rivale. Ettore giaceva inerme ai suoi piedi. Il viso sfigurato dall’attrito con il terreno, le membra scomposte … ora che era in sé, l’eroe acheo si sentiva piuttosto in colpa. Non c’era nulla di glorioso nella fine che aveva dato al suo avversario. Ettore sapeva che sarebbe andato incontro alla morte. Eppure non era fuggito. Era caduto per difendere quel vigliacco di Paride, quel disonorato, e con lui l’onore di Troia, il suo, quello della sua famiglia. La cosa suscitava in Achille grande ammirazione, nonostante il dolore per la morte di Patroclo fosse ancora indicibile. Sperava che uccidere l’assassino di suo cugino potesse recargli conforto, e invece ora provava solamente un gran senso di vuoto. Quasi si pentiva di avergli tolto la vita.
In fondo, Ettore era stato un buon avversario. Un ottimo avversario. Il migliore che Achille avesse mai avuto. Valoroso, onorevole, coraggioso, leale, di parola. L’acheo pensò che non avrebbe mai più avuto occasione di misurarsi con un uomo del genere. Erano così diversi, i due eroi, eppure così simili! Gli prese il mento e gli girò la testa da un lato e dall’altro, cercando di capire se ci fosse ancora qualche speranza di riconoscere il volto di quel grande uomo, e da quale angolazione ciò fosse possibile. Ma non lo era.
L’acheo pensò al destino da miserabili che attendeva i troiani e la prole del valoroso, e improvvisamente si trovò a singhiozzare e a inveire contro la Sorte e la bilancia di Zeus, bestemmiando Dike. Gli déi erano così ingiusti con gli uomini. Permettevano a Paride di vivere, nonostante avesse tradito le leggi dell’ospitalità, le leggi di Zeus!, e a Ettore di morire. Su quella bilancia, se Ettore era caduto, prima o poi anche Achille stesso l’avrebbe seguito. Si sentì preso in giro: aveva soltanto fatto il loro gioco, e niente di più. Ma forse era così che doveva andare: forse i grandi uomini dovevano morire ingloriosamente, e i vili dovevano vivere. Si ricompose e tornò nella sua tenda con la consapevolezza del tragico destino che l’attendeva.
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