Cioccolato e haute couture, haute couture e cioccolato, nella vita non serve altro. Devono aver pensato così gli organizzatori del Chocolate Fashion Show, una vera e propria sfilata concepita come apertura e intermezzo del Salon du Chocolate di Milano, il punto d’incontro ormai famoso per chi il cioccolato lo produce (ad arte) e chi invece lo mangia (in disparte). L’idea centrale di questo evento nell’evento è quello di coniugare l’eccellenza della sartoria e del design di moda con la capacità tecnica e il gusto esotico dei maestri pasticceri, che mettono a disposizione del pubblico il loro sapere per creare un binomio oltremodo vincente. Abiti haute couture coronati da accessori, diademi, collane, bottoni di cioccolato.
Tema dell’evento? La Belle Époque, il periodo storico che, partendo dall’ultimo decennio dell’Ottocento, si estende fino agli anni Venti del secolo successivo: un arco di tempo caratterizzato da un forte progresso tecnologico e, allo stesso tempo, un retrogusto nostalgico del passato precedente alla Prima Guerra Mondiale. Autori di questa esperienza visiva e olfattiva sono gli studenti del Teatro della Moda (sotto la direzione artistica di Alessandro d’Ambra), che hanno voluto ricreare una connessione molto stretta tra la Belle Époque e la città di Milano, il capoluogo delle tre F (Food, Forniture, Fashion) che da molti anni a questa parte segna un punto di riferimento essenziale nel panorama della cultura europea e oltre.
In tutte le creazioni ritroviamo linee classiche, abiti lunghi e scarpe dal tacco non esagerato, che richiamano i costumi tradizionali dell’epoca rendendo loro omaggio.
Abbiamo così il “Charleston“, dal nome del tradizionale ballo a sfondo jazz importato dagli Stati Uniti in Europa, con un copricapo di piume realizzato in cioccolato e intessuto d’oro a ricordo della diffusione dell’elettricità ad illuminare le serate nei café e nei saloni da ballo. O come “Desia“, la donna dell’Ottocento che con un piede punta già al cambio di secolo: sicura, autoritaria e impenetrabile, ma dallo sguardo intenso e profetico. È lei ad attirare l’attenzione, gli occhi puntati su di lei e sulla sua mise dall’aspetto austero ma dai tratti leggeri.
E come poteva mancare, in tutto questo, la linea uomo? Ed ecco che fa il suo ingresso sulla scena “Monsieur Opera“, sicuro sotto il suo cappello ricoperto di morbido cioccolato. È il dandy, anzi, il flaneur, che osserva la scena con il distacco necessario, giudicando e riservandosi il diritto di guardare dall’alto in basso il suo interlocutore. Uno spettatore a teatro, o forse un attore, un artefice del proprio destino che compie ogni giorno, a larghi passi, verso il futuro.
Tutto molto interessante, diranno i puristi delle sfilate, ma con il fashion c’entra poco e niente. Ni. Nonostante il pubblico fosse più vicino a quello di una sagra di paese che ad una sfilata durante la settimana della moda di Parigi. Nonostante la musica di sottofondo poco consona all’evento e alle chiacchiere di fashionistas dell’ultimo minuto, lo spettacolo è piaciuto. Merito soprattutto della presentatrice, Irene Colombo, che ha saputo giostrarsi con classe in mezzo a tutto quel cioccolato senza cadere in tentazione, abilità che va di certo apprezzata e lodata. In sostanza, bilanciando pro e i contro lo show ha lasciato una bella impressione e questo è l’importante.
Una realtà nuova, quella del chocolate haute couture con risvolti interessanti e pezzi originali. Almeno finché non si sciolgono.
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