Era il lontano 2001 quando al Festival di Sanremo, tra gli artisti internazionali invitati, spiccava il nome Placebo. La band inglese capitanata dall’androgino Brian Molko fece molto parlare di sé a causa di un’esibizione “particolare”, che passerà senza dubbio alla storia, conclusasi con il vocalist che pensò bene di sfasciare la propria chitarra sugli amplificatori del palco dell’Ariston. Il gesto ribelle e “poco consono” sconvolse tutti: dal pubblico imbellito presente alla manifestazione, che si indignò al punto da ricoprire Molko di insulti, ai presentatori, fino a toccare qualsiasi italiano medio che si stesse godendo l’atteso evento annuale dal proprio divano di casa.
Sanremo 2001 non fu certo tra le edizioni più brillanti. I presentatori erano Raffaella Carrà, Megan Gale ed Enrico Papi; quest’ultimo venne (giustamente) ripreso per l’eccessiva volgarità utilizzata nei suoi interventi, il che è tutto dire. Tra le vittorie, i Gazosa primeggiarono nella categoria Giovani con la dimenticabile Stai con me (Forever), ma la vera trionfatrice fu Elisa con la sua Luce (tramonti a nord est), aspetto più positivo dell’intera messa in scena. In generale, l’edizione non fu un successo televisivo e non seppe soddisfare le aspettative di ascolti. La band di Molko, nel bene o nel male, diede il proprio “sonoro” contributo esibendosi con il brano Special K dall’album Black Market Music uscito nel 2000. Da notare che quella “K” stava per ketamina, il pezzo tratterebbe difatti degli effetti psichedelici e disturbanti che la particolare droga, al pari dell’amore, esercita sull’anima: una canzone non esattamente da Sanremo, ecco.
Eppure i Placebo non erano stati avvisati: nessuno, apparentemente, aveva detto loro a cosa stessero andando incontro mettendo piede sul palco dell’Ariston, al tipo di pubblico che si sarebbero trovati di fronte, a cosa rappresentasse il Festival della Canzone Italiana per il paese in cui si sarebbero esibiti. Brian Molko spiegò il suo comportamento con testuali parole:
“Ci sembrava la reazione più adatta, a quel tempo – Non dormivamo da due giorni e l’unica maniera per restare svegli era bere fin dal pomeriggio. E poi eravamo scazzati perchè nessuno ci aveva detto come era il Festival. Ci sembrava di essere finiti in mezzo a una sciarada. A nessuno gliene fregava assolutamente niente di noi. Quando venne il nostro momento, c’erano in platea tutti questi vecchi grassi in giacca e cravatta, con le loro donne in abito da sera. Qualcosa ha fatto click nella mia testa ed è scattata una reazione primordiale. Vaffanculo tutta ’sta roba, mi sono detto; non dovrei nemmeno essere qua! La sola cosa che mi è rimasta impressa nella memoria era la gente che dalla sala mi gridava: “Pezzo di merda”…”.
Del resto, come dargli torto?