Fine XVI- inizio XVII secolo, Inghilterra: fu questo il periodo d’oro della cosiddetta Era Elisabettiana, chiamato così per via del nome della sovrana. Passato alla storia come un periodo di prosperità, sviluppo, ed espansione territoriale del regno britannico, in pochi sanno che florì anche la sfera della moda (ovviamente tra i ricchi e gli aristocratici).
A testimonianza di ciò basti pensare alla stessa regina Elisabetta sempre ritratta con la pelle diafana, i capelli rosso vivo, e vestita con abiti ampi e sontuosi, arricchiti dai più minimi dettagli. Ma si sa, gli abiti sono il simbolo del proprio benestare: vestirsi in una determina maniera presenta agli altri il proprio ruolo all’interno della società. Così, in epoca Elisabettiana i poveri indossavano abiti confezionati con materiali semplici come lana o pelle di pecora, mentre i più ricchi diedero il meglio di sè indossando creazioni uniche e pompose destinate a imprimersi nell’immaginario comune come simbolo dell’età dell’oro del regno inglese.
Si trattò di una moda complessa, fatta di abiti elaborati costituiti da diversi strati ed elementi. Il più caratteristico fra tutti fu la gorgiera: ampio collare in lino o pizzo articolato in numerose scanalature che incornicia e mette in risalto il volto dell’indossatrice. Immancabile poi il corsetto che costringeva il corpo ad assumere rigide forme geometriche: la donna infatti strizzata in quello che molti definirebbero una forma legalizzata di tortura, appariva con una vita sottilissima e innaturale. Gli abiti in tessuti esotici come sete e velluti, furono un divampare di lusso ed elaborazione: pizzi, ricami, strati sovrapposti li resero tutt’altro che sobri. Le forme naturali del corpo sparirono sotto una moda che prese ispirazione dalla struttura del “vertugadin à tambour” e cioè l’impalcatura che sosteneva gli abiti abbondanti delle donne di corte francesi.
Così come l’abbigliamento diventò simbolo di questo periodo storico, anche il make up dell’epoca assunsee un ruolo importante e caratteristico: la pelle veniva schiarita il più possibile come simbolo di prestigio, secondo la comune idea che la pelle pallida sia tipica dei nobili, mentre quella abbronzata delle classi lavoratrici. A completare l’aspetto del viso era usanza abbinare labbra rosse e una fronte ampia, ottenuta con la depilazione delle sopracciglia (che diventarnoo molto sottili ed a forma arcuata) e della linea dei capelli.
Questo make up così caratteristico, era però minaccioso per la salute delle donne: si faceva uso di biacca (sostanza a base di bianco di piombo, tossico per l’organismo) per schiarire il viso e di belladonna per conferire agli occhi un aspetto più grande e luccicante. Sappiamo adesso che si tratta in entrambi i casi di sostanze chimiche che provocavano la comparsa di imperfezioni sul viso oltre che mettere a serio rischio l’organismo. Che prendessero troppo seriamente il detto “se bella vuoi apparire, molto devi soffrire…”?
In questo clima di fioritura, l’età elisabettiana vide anche una crescita del teatro nell’Inghilterra della Virgin Queen. I teatri si moltiplicarono, al chiuso e all’aperto, e gli spettacoli divennero uno dei passatempi preferiti dal popolo di ogni ceto sociale. Ed è proprio in ambiente teatrale che l’abito (in questo caso il costume) venne ad assumere un ruolo fondamentale.
Infatti, gli attori delle compagnie erano esclusivamente maschi, poiché non era ancora consuetudine per le donne partecipare alle rappresentazioni da palcoscenico. Ci pensavano poi i cosiddetti “boy actors”, cioè giovani ragazzi ancora non sviluppati, ad interpretare i personaggi femminili. Era quindi necessario nascondere il loro aspetto sotto costumi femminili e trucchi pesanti per permettere che risultassero credibili.
I costumi divennero quindi il mezzo principale in grado di decretare la riuscita o il fallimento dello spettacolo: più il costume era ben fatto, più risultavano credibili i ruoli femminili interpretati dai maschi.
L’era elisabettiana vide quindi, sia nella vita reale che in teatro, il vestito come determinazione del singolo. Che sia il ceto sociale, o che sia il personaggio da interpretare: l’abito venne a rappresentare la persona, diventandone parte integrante, questo stile così pomposo ed eccentrico ha fatto sì che passasse alla storia.