Nathan il saggio è una toccante commedia teatrale dai toni fiabeschi pubblicata da Gotthold Ephraim Lessing nel 1779. Brillante esempio del teatro illuminista dedicato alla tolleranza religiosa, è stato censurato dalla Chiesa quando Lessing era ancora in vita e per evidenti ragioni è stata bandita dal regime nazista, ma oggi è diventata celebre per il messaggio di fratellanza che trasmette.
Purtroppo in questo periodo nessun teatro milanese sta portando in scena l’opera, ma su Youtube è disponibile uno spezzone dello spettacolo presentato dal Piccolo Teatro di Milano nel 2011. Chi volesse conoscere la storia può inoltre accontentarsi del copione, messo a disposizione da copioni.corrierespettacolo.it . Nonostante qualche errore di trascrizione, il testo è di agevole lettura e la traduzione dal tedesco è stata effettuata in un italiano semplice e moderno.
Il testo si rivela rivoluzionario sin dall’inizio perché il protagonista è un ebreo molto diverso dallo stereotipo diffuso in Europa nel Settecento: Nathan infatti è stato soprannominato dal popolo “Saggio” per la sua bontà e i preziosi consigli che elargisce, inoltre il vecchio mercante non pratica l’usura. La vicenda, ambientata durante la terza Crociata, inizia con il ritorno dell’uomo dai suoi viaggi ma, giunto a Gerusalemme, scopre che la sua casa è andata a fuoco e che sua figlia Recha si è miracolosamente salvata grazie all’intervento di un Templare, graziato dal sultano Saladino per la sua impressionante somiglianza con il proprio defunto fratello Assad. Il soldato cristiano non vuole inizialmente accettare i ringraziamenti della famiglia, acconsente di incontrare la fanciulla che ha salvato solamente dopo essere stato convinto dalle sagge parole di Nathan. Quando il cavaliere chiede la mano di Recha, Nathan prende inaspettatamente tempo.
Saladino, un sovrano illuminato e magnanimo (è estremamente innovativo raffigurare in questa maniera un sultano musulmano nel Settecento), chiama al proprio cospetto Nathan per questioni di affari e, volendo mettere alla prova la sua saggezza, gli chiede quale sia la giusta fede tra le tre grandi religioni monoteiste. Nathan, trovandosi in difficoltà, sorprende il sultano con una brillante parabola. Tre figli hanno ricevuto dal padre un anello a testa, ciascuno con la promessa di aver ricevuto l’originale ma senza averne la certezza. Le tre religioni sarebbero come i tre anelli: hanno tutte lo stesso valore, dato che è impossibile sapere quale sia quella vera, e non avrebbe senso avere la presunzione di aver ricevuto la grazia divina. Tale storia si ispira ad una novella del Decameron di Boccaccio. Giustificando così un umanesimo universalista, Nathan stringe amicizia con il sultano.
Il Templare apprende da Daja, dama di compagnia cristiana di Recha, che la fanciulla di cui è innamorato è figlia adottiva di Nathan e proviene da una famiglia cattolica, ma la ragazza è ignara del suo passato. Il cavaliere si reca dal Patriarca per chiedere informazioni e scopre che Nathan potrebbe essere punito con il rogo per aver convertito un cristiano all’ebraismo, ma il templare non denuncia il mercante. Lessing si dimostra anche in questo caso un intellettuale moderno perché dipinge un religioso cristiano come un fanatico religioso insensibile e favorevole alla pena di morte.
Da una conversazione fra Nathan e un frate, gli spettatori scoprono l’antefatto che porterà allo scioglimento della vicenda. Recha fu affidata ancora in fasce dallo stesso frate a Nathan poco dopo che la famiglia del mercante fu trucidata dai cristiani (Lessing dunque non nasconde le colpe dei cattolici nei confronti degli ebrei). Durante il dialogo, il mercante e il frate ammettono implicitamente che il cristianesimo e l’ebraismo si fondano sugli stessi ideali di bontà. Il frate conserva un libricino in cui sono scritti in arabo i parenti della bambina, fondamentali per la conclusione della storia. I personaggi della storia si radunano presso il palazzo del Saladino, ove Nathan rivela due grandi verità grazie al libricino scritto in arabo: il Templare e Recha sono fratelli ed entrambi sono nipoti del sultano. La vicenda si conclude tra la gioia generale.
La trama dai toni fiabeschi è molto semplice, eppure racchiude profonde riflessioni di stampo illuminista. Un ebreo e un musulmano sono protagonisti al fianco di un cristiano, con cui condividono qualità positive. Le tre religioni monoteiste sono fondate sui medesimi principi e non è possibile stabilire quale sia la vera fede, per questo motivo è condannato ogni fanatismo religioso. Tra membri di religioni differenti è possibile instaurare rapporti non solo di amicizia, ma persino familiari. I cristiani infine non sono senza macchia, ma sono colpevoli di massacri, come nel caso della triste fine della famiglia di Nathan, e di condanne ingiuste, come la pena capitale, oppure si comportano in maniera poco razionale e rispettosa del prossimo come nel momento in cui il sultano – un musulmano- è costretto a riprendere il Templare. In una Gerusalemme dai toni favolosi e molto diversa dal teatro di guerre religiose che è oggi, tre fedi differenti si incontrano e si rispettano vicendevolmente.
E’ doveroso apprezzare tale opera per la sua straordinaria attualità, specie in relazione agli scontri religiosi ancora in atto.