Si dice che la vera opera d’arte sia quella che non smette mai di dire quello che ha da dire. Frankenstein di Mary Shelley è quindi una vera e propria opera d’arte, e, al di là del gusto personale, lo è perché è ancora attuale. Continua ad esserlo dopo duecento anni. Era infatti l’1 gennaio 1818 quando la Shelley iniziò a scrivere il romanzo.
A renderlo attuale nonostante i due secoli sono le tematiche e i messaggio. Innanzitutto Frankenstein tratta la tematica del diverso e i pregiudizi che lo accompagnano. La Creatura (spesso erroneamente indicata con il cognome del dottor Frankenstein) è infatti talmente mostruosa e imponente da suscitare paura. Viene accusata di malvagita e pericolosità, ma si tratta di un pregiudizio, dettato ovviamente dalla paura di ciò che non si conosce, il diverso.
Nel corso del romanzo viene approffondito l’aspetto emotivo della Creatura. La solitudine a cui è costretto. La tristezza e la malinconia. Ma anche la crescente rabbia nel domandarsi il perché di tutto ciò. Il senso di abbandono da parte di chi l’ha creato.
L’attualità della tematica del diverso è ovvia se si pensa ai fatti contemporanei di cronaca e non. Ancora vi sono troppe persone pronte a generalizzare per quanto riguarda gli stranieri: non vi è neanche un tentativo di voler conoscere, non si considerano le storie degli immigrati, si ignorano le condizioni dei migranti.
Inoltre vi sono altri casi in cui si denota il pregiudizio del diverso. L’omofobia è una piaga ancora troppo presente, così come i preconcetti sulla disabilità. Le persone diversamente abili subiscono spesso pregiudizi e preconcetti, a volte in senso negativo, altre buonista. Sono infatti a volte considerate inutili, inadatte e inferiori; altre volte buone e dolci a priori, in modo altrettanto pregiudizievole e irritante, nonché bisognose di cure e attenzioni continue, impossibilitate a una minima indipendenza.
Anche l’altra tematica affrontata dalla Shelley è di estrema attualità. Si tratta del rapporto scienza e vita. In particolare dei limiti della prima nella manipolazione della seconda. Se nel romanzo il discorso è legato al riportare in vita, ai giorni nostri il rimando va ai limiti estremi della genetica. O meglio manipolazione genetica.
Fino a che punto è giusto spingersi? Vi è la sicurezza che superando certi limiti si possano ottenere solo vantaggi? Quali certezze vi sono sui possibili “effetti collaterali”? Sono passati più di vent’anni dalla clonazione della pecora Dolly. Il novembre scorso in Cina è stato usato il metodo Crispr, “taglia incolla”, per la prima volta sull’uomo. Nonostante questi grandi passi in avanti queste domande rimangono sostanzialmente senza risposta.
Per cui Frankenstein ha ancora molto da dirci e insegnarci. Nonostante siano passati due secoli da quando una diciottenne lo creò. Ecco cosa fa di Frankenstein una vera opera d’arte: la sua continua attualità.
Mary Shelley, Frankenstein or the modern Prometheus. Penguin Classics. 30 gennaio 2003