Qualche tempo fa, Huffington Post aveva pubblicato un interessantissimo articolo che stimolava una riflessione su come migliorare lo stile di vita degli individui e dell’intero pianeta. L’articolo in questione presentava 10 Green Technologies che potrebbero aiutarci a rivoluzionare il mondo in cui viviamo, che, com’è noto, è in costante mutamento in molti ambiti e da numerosi punti di vista. Eppure, a circa due anni di distanza, viene da chiedersi: quali cambiamenti sono stati apportati a queste tecnologie? Quali sono gli effettivi vantaggi che potrebbero apportare? Ci sono dei contro? Eccoci dunque ad approfondire l’argomento per addentrarci nel cuore delle tecnologie verdi.
Prima di iniziare, tuttavia, è il caso di comprendere cosa siano, effettivamente, le Green Technologies: le cosiddette “tecnologie verdi”, anche conosciute come “eco-tecnologie” (ecotech), “tecnologie ambientali” (envirotech) o “tecnologie pulite” (cleantech), corrispondono all’applicazione di un gruppo di discipline, metodi e materiali in continua evoluzione con il fine di apportare innovazioni e migliorie nella vita quotidiana delle persone. Le caratteristiche principali di questa tipologia di tecnologie sono che esse siano sostenibili, non dannose per le riserve naturali e che non compromettano il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future; riciclabili e riutilizzabili, evitando un circolo improduttivo di costruzione, consumo e rifiuto; innovative e alternative, rispetto alle correnti tecnologie che possono danneggiare l’ambiente; realizzabili ed applicabili, con la possibilità di creare anche un’attività economica che apporti benefici all’ambiente e, in corrispondenza, all’umanità. Le tecnologie verdi ricoprono dunque varie tematiche, tra le quali ricordiamo l’energia rinnovabile, le nanotecnologie e la chimica sostenibili, l’architettura, la ricerca alimentare, ecc.
Ora, di quali ecotech parlava Huffington Post?
- Le coltivazioni verticali
Anziché estendersi per acri e acri, le fattorie e le coltivazioni del futuro saranno all’interno di piccoli o grandi edifici, in contenitori con luce e clima controllati, dando origine all’agricoltura urbana. Le “vertical farms” sono dunque dei centri di produzioni autonomi che ricreano le condizioni ambientali più adatte alla crescita di numerose tipologie di ortaggi, frutta e piante. L’idea nasce da Dickson Despommier, professore di Scienza della Salute Ambientale della Columbia University, il quale, osservando i dati stimati dall’ONU sulla crescita della popolazione mondiale e tenendo presente che l’80% delle aree coltivabili siano già state sfruttate, arriva alla conclusione che le disponibilità alimentari non basterebbero a soddisfare i bisogni degli oltre 9 miliardi di persone che abiterebbero la Terra nel 2050. Le coltivazioni verticali sono di tipo idroponico: ciò significa che vengono usate acque reflue (di scarico) che vengono depurate naturalmente dalle piante stesse, utilizzabili anche dall’uomo come risorsa idrica e con un risparmio di circa il 90%. I vantaggi che ne conseguono sono molteplici: trovandosi in luoghi chiusi e controllati, l’aria viene filtrata attraverso macchinari specifici evitando contaminazioni da inquinamento atmosferico; non vengono usati pesticidi né erbicidi, producendo prodotti biologici e a kilometro zero, il che implica anche una possibile diminuzione di emissioni di CO2; la produttività sarebbe maggiore, poiché non influenzata dagli eventi atmosferici; possibilità di riqualificazione degli edifici dismessi. Anche in Italia c’è un progetto relativo alle coltivazioni verticali, chiamato Vertical Farming Italia: nasce a Parma nell’estate del 2017 da “un economista, un giornalista, un agronomo ed un ingegnere” che cercano di promuovere questa nuova tecnologia verde e dei conseguenti benefici.
- Le sepolture verdi
L’idea di questa modalità di sepoltura, detta anche “naturale”, riguarda la possibilità di avere tutti i dettagli del proprio funerale biodegradabili, dal vestito alla bara – processo classico ma ecosostenibile, per avere il minor impatto possibile sull’ambiente. Il liquido d’imbalsamazione, per esempio, è sostituito con del ghiaccio secco non tossico; le bare o le urne sono ottenute da legname biologico, i sudari sono intessuti da stoffe naturali quali cotone, seta o lino. Ovviamente, i cosiddetti “cimiteri verdi” prevedono delle regole ben precise da rispettare: si pensi al Green Burial Council, un’organizzazione no-profit che si assicura soprattutto che siano effettivamente rispettati i canoni di sostenibilità di chi aderisce a questo tipo di pratica funeraria, come nel caso dei terreni cimiteriali ibridi. Perché scegliere una sepoltura verde? In primo luogo, si riducono l’impatto ambientale e l’impronta carbonica lasciata dagli esseri viventi; si mantiene intatto e “naturale” l’habitat di un determinato ambiente, rifornendo il terreno di sostanze per far prosperare tutti gli esseri viventi.
- Illuminazione a LED
Un’illuminazione migliore può permettere uno sviluppo e un risparmio energetico notevolmente superiore a quello attuale, soprattutto se è a LED (Light Emitting Diode): è il momento che le care vecchie lampadine a incandescenza vadano in pensione, facendo un grosso favore al pianeta. La luce a LED, infatti, usa circa il 50% in meno dell’elettricità rispetto alle opzioni tradizionali, a incandescenza, fluorescenza o alogene che siano, riducendo lo spreco luminoso ed energetico. Hanno inoltre una durata di gran lunga maggiore (30.000-50.000 ore rispetto alle 1.000 delle lampadine a incandescenza o alle 8.000-10.000 a fluorescenza); resistono anche alle temperature più basse, a vibrazioni e altri impatti, e non necessitano di tempo per accendersi completamente ed arrivare al 100% di luminosità, in netto contrasto con la maggior parte di fluorescenti che possono impiegare più di tre minuti per farlo. Sono più facilmente riciclabili e controllabili – nel senso che si può scegliere maggiormente il livello di luminosità da ottenere rispetto agli altri sistemi d’illuminazione – e non emettono raggi UV né infrarossi. Non è un caso, dunque, che le illuminazioni utilizzate nelle coltivazioni verticali siano proprio quelle a LED.
- Compostaggio “esteso”
Il compostaggio non è altro che un processo biologico che può essere controllato dall’uomo e che porta alla formazione dai residui vegetali del compost, un insieme di sostanze umidificate: in poche parole? Il concime. O l’umido, quella spazzatura che potrebbe essere riciclata fino al 75% e trasformata in concime che molto spesso viene soltanto gettata via. Si pensi che, negli USA, una persona produce in media quasi 20 kili di spazzatura, della quale viene riciclato solo un terzo. Come mai è così importante parlarne nelle tecnologie verdi? Da un punto di vista ecologico, a causa delle coltivazioni intensive e dello sfruttamento eccessivo i terreni stanno perdendo nutrienti, che sono invece riscontrati nei rifiuti umidi: sempre in America, il 28% delle zone coltivabili sta perdendo le proprietà fertili più velocemente di quanto non possano generarne e quasi un terzo delle colture mondiali è stato abbandonato per erosione e degradazione del terreno. Considerato che tutta la materia organica può essere decomposta e diventare, appunto, compost, è fondamentale sfruttare e migliorare le tecnologie per riconvertire la spazzatura – e in particolare l’umido – per trarne i nutrienti fondamentali per i terreni. “Esteso”, quindi, fa riferimento ai diversi ambiti da cui è possibile trarre questa cleantech: infatti le comunità ottengono benefici da programmi ben organizzati di compostaggio, a partire dal semplice compost domestico.
- Batterie ricaricabili
Addio pile usa e getta, benvenute pile ricaricabili! Ebbene sì, le batterie agli ioni di litio sono una tecnologia verde che, nel suo piccolo, potrebbe apportare miglioramenti enormi: sono infatti prodotti più stabili che si trovano in moltissimi device tecnologici, dai telefoni ai computer, perché sono molto più leggere, hanno più densità energetica e riescono a immagazzinare più energia rispetto a quelle comuni. Un punto a loro favore è che non devono esaurirsi completamente prima di essere ricaricate e possono gestire centinaia di cicli carica-scarica, anche se, purtroppo, si iniziano a degradare dopo un paio di anni. Il problema si riduce molto nel momento in cui iniziamo a parlare di batterie ricaricabili che funzionano a energia solare, le quali sono molto più sostenibili da un punto di vista ecologico e di impatto ambientale: Elon Musk, capo dell’azienda Tesla, ha prodotto una linea di batterie ricaricabili di questo tipo che immagazzinasse energia solare e alimentasse ambienti domestici e lavorativi.
- Energia rinnovabile domestica
A proposito di casa e sostenibilità, la riduzione dei costi degli impianti fotovoltaici li sta rendendo sempre più convenienti, per non parlare dei numerosi contributi statali e regionali offerti in Italia, dai bandi per finanziamenti ai sostegni all’acquisto. In che modo passare a energie rinnovabili anche nella vita quotidiana dei privati potrebbe contribuire a salvare il pianeta? Secondo LifeGate, un fornitore italiano di energia pulita, trasformerebbe “una necessità che accompagna praticamente ogni momento della giornata (l’energia elettrica) in un’opportunità di agire in modo concreto rispetto all’ambiente e in un messaggio positivo per un’evoluzione e una crescita più sostenibile”. A prova di ciò, alcuni studi svolti dal Politecnico di Torino dimostrano che una centrale termoelettrica standard, rispetto a un impianto di turbine eoliche, genera CO2 in quantità maggiori di 30 volte; ciò non significa che l’impatto nei confronti dell’ambiente sia zero, ma è evidente che esso sia di gran lunga minore. L’energia solare non è l’unica possibilità sostenibile domestica: infatti si possono utilizzare anche envirotech come piccoli sistemi di energia eolica, micro-idro e ibridi foto-eolici.
- Impianti eolici off-shore
No, non intendiamo dire di nascondere i propri risparmi in pale eoliche all’estero: stiamo parlando soltanto di quanto il potere del vento sulle coste, in alto mare e in generale sull’acqua possa generare grandissime quantità di energia rinnovabile quasi costante. Ciò accade a causa della velocità molto elevata del vento in queste zone rispetto ad aree di terra, ed è anche di solito molto più stabile e continuo. Gli unici svantaggi che effettivamente potrebbero causare questi impianti riguardano l’influenza sul turismo di determinate zone e sulle difficoltà di costruzione degli stessi in acque più profonde di 60 metri. Tuttavia, l’energia che essi producono è più economica rispetto a quella nucleare, e diversi paesi sono già pienamente operativi: alcuni esempi sono il Giappone, con il suo impianto a circa 20 kilometri da Fukushima, e il Regno Unito, il cui fiore all’occhiello sono le 11 turbine di Aberdeen Bay, in Scozia.
- Razzi spaziali riutilizzabili
Attenzione, amanti del fantascientifico: non è solo una teoria alla The Big Bang Theory o alla Star Trek. SpaceX, un’azienda fondata da Elon Musk nel 2002 che si occupa di “disegnare, realizzare e lanciare razzi e navicelle […] per rivoluzionare la tecnologia spaziale, con l’obiettivo finale di permettere alle persone di vivere su altri pianeti”, ha ripreso un’idea già tentatrice negli anni ’60 e la ha realizzata recentemente. Nel Marzo del 2017 è, per l’appunto, entrata a far parte delle pietre miliari della storia aerospaziale riuscendo con successo a rimettere in orbita un razzo, il Falcon 9. Inutile dire che riciclare un veicolo con dimensioni e funzioni così importanti è stato un vero e proprio atto rivoluzionario, soprattutto dal punto di vista economico, perché prima ogni navicella era, in un certo senso, un “usa e getta” costato decine di milioni di dollari – 62 milioni, per l’esattezza – e di conseguenza il risparmio che implicherebbe una riconfigurazione o una messa a punto rispetto ad una creazione ex novo dovrebbe essere di circa il 30%. Non solo: secondo Musk, il lancio di un razzo riutilizzato dovrebbe essere ancora più economico, giacché il costo dei propellenti è meno dell’1% del totale del primissimo lancio, e ci sarebbe un risparmio ambientale per non dover produrre ogni volta i vari componenti. Il prossimo passo? Trovare il modo di ridurre maggiormente l’impatto atmosferico dei razzi.
- Colture resistenti alla siccità
I cambiamenti climatici che stanno colpendo sempre più frequentemente il nostro pianeta influiscono enormemente sugli ambienti e sugli ecosistemi: molto spesso si sentono notizie d’incendi e siccità in differenti parti del mondo e di come questi causino disagi non solo per gli abitanti delle zone colpite, bensì anche per le coltivazioni. Come cercare quindi di ovviare il problema? Piantando semi di colture che siano resistenti a drastici cambi atmosferici e/o che possano sopravvivere con minori quantità di acqua. Secondo l’Università della Southern California, la soluzione per gli agricoltori delle aree più aride o più colpite da siccità e incendi potrebbe dipendere dalla specie di coltivazione, se si protegge o meno con uno strato più spesso di “cera” delle foglie: ogni pianta produce infatti una certa quantità di cera che aiuta le foglie a repellere l’acqua e a proteggersi dagli insetti più dannosi. L’esperimento dei ricercatori fatto nel 2017 consisteva nel produrre dieci differenti varietà di grano in due diverse aree del Texas, una più umida e una più arida – i risultati dimostrano la tesi sostenuta, poiché le colture della zona con il 25% in meno di acqua hanno prodotto il 50% in più di paraffina. Di conseguenza, se si riuscissero a incrociare le caratteristiche tipiche di alcune specie più resilienti o a far riprodurre varietà che abbiano già aumentato la loro resistenza, sarebbe possibile ovviare e risolvere il problema andando a migliorare le condizioni ambientali e di vita delle popolazioni. Alcune delle specie più tolleranti sono la salvia, l’agave, la lavanda, il papavero, le patate, gli asparagi, i carciofi, i cavoli, alcune varietà di mais e i legumi in generale.
- Veicoli Eco
Ultimi ma non per importanza, i Green Vehicles sono forse tra le tecnologie verdi i più conosciuti: si tratta di mezzi di trasporto più efficienti e decisamente meno inquinanti, ibridi o totalmente elettrici, caratterizzati dalla riduzione delle emissioni di gas inquinanti e dal risparmio economico sui carburanti. L’industria dei trasporti sta lavorando molto a favore di questa tipologia di veicoli, affinandone anno dopo anno le caratteristiche fisiche, strutturali e ambientali: ad esempio, gli eco sono sempre più leggeri grazie all’uso di nuovi materiali, quali alluminio e plastica rinforzati con fibre di carbonio, perdendo il 30-50% di peso. C’è anche la possibilità di ridurre la resistenza a favore di un confort maggiore e di una riduzione di inquinamento acustico, come per i treni; oppure i sistemi integrativi la cui efficienza è aumentata dal design, come per gli aerei, i quali vengono ridisegnati completamente per essere più energeticamente efficienti. In generale, l’intento è di riusare l’energia per l’utilizzo di carburante in minori quantità, a volte anche sfruttando l’energia solare e ottimizzandone l’immagazzinamento. L’unica pecca che di solito è imputata ai veicoli eco è l’ingente costo di partenza – difetto che si sta cercando di eliminare attraverso la vendita di auto di seconda mano (come ha fatto proprio Tesla, fra le prime compagnie) o una riduzione netta del prezzo (come BMW per le sue auto elettriche).
- huffingtonpost.com
- green-technology.org
- verticalfarmingitalia.com
- fotovoltaicosulweb.it
- everplans.com
- science.howstuffworks.com
- hub.currentbyge.com
- led-evolution.com
- binghamton.edu
- globalcompostproject.org
- electonics.howstuffworks.com
- radio-electronics.com
- energy.gov
- ecoage.it
- bbc.com
- americangeosciences.org
- nytimes.com
- spacex.com
- sciencedaily.com
- gardeningknowhow.com
- epa.gov
- epo.org