“L’Arte Contemporanea? Non Esiste!”, “Quell’ammasso di cianfrusaglie attaccate al quadro con la colla sarebbero Arte? Allora sono artista anche io”, “No ma non ha senso, per me ci prendono in giro”. L’arte contemporanea divide i suoi fruitori; frasi come queste molto probabilmente le abbiamo pensate anche noi, o quantomeno le avremo sentite pronunciare. Ma oggi chi decide che cosa è Arte e che cosa non lo è? È davvero tutto frutto di campagne di marketing e sistema di mercato? O c’è una complessa filosofia dietro a tutto ciò? Forse la risposta sta nel mezzo, vediamo perché.
Ne “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, saggio del 1935 di W. Benjamin, l’autore dichiara che l’arte contemporanea è priva dell’aura, cioè di quello che un’opera normalmente ridà allo spettatore: la capacità di risvegliare in lui sentimenti e reazioni. Non esiste più l’aura sacrale dell’opera unica e originale ma, oggi, l’opera ha un’aura slittata su tutto il mondo di letture, stratificazioni e interpretazioni che sopra vi si creano. L’arte contemporanea è un’arte colta, richiede conoscenza per essere capita. L’Aura dunque, in origine, era la dimensione sacrale legata all’hinc et nunc dell’opera, quel singolo intreccio di spazio e di tempo che rendeva l’opera concreta e originale. La riproducibilità, dovuta ai mezzi tecnologici tipici dell’epoca contemporanea, fa perdere all’arte questa sua dimensione legata all’unicità del suo essere (tanto che la contemporaneità viene definita dimensione post-auratica).
Cesare Brandi, storico dell’arte, facendo riferimento soprattutto alla pittura (Es. “I Sacchi” di Burri), spiega che l’arte contemporanea, in maniera violenta, sa fare proprio il fruitore, è un’arte che può piacere o meno ma esige un giudizio, non può lasciare freddi. L’arte contemporanea, nella sua necessità di essere partecipata si riscopre avere quello che Brandi chiama Alone, sostanzialmente il corrispettivo dell’Aura, che Benjamin dava per persa.
L’arte di oggi vive in un’oscillazione continua tra la sua corporeità di immagine e il mistero che essa racchiude ed è interpretabile solo attraverso entrambe queste dimensioni. La sua aura subisce pertanto una sorta di “potenziamento” che porta l’arte a fuoriuscire dai limiti ristretti che la corporeità le imponeva, si pensi a nuove forme artistiche come la BodyArt o la LandArt. La definizione di era post-auratica quindi, per Brandi, ha solo una connotazione temporale.
I musei, gli uffici stampa, le case d’asta, i critici sono i principali attori del sistema del mercato dell’arte, sono coloro che conferiscono lo status di opera ad un oggetto e che curano il processo di diffusione del suo valore. L’opera d’arte contemporanea è certamente legata ad una forma nuova di ritualità (es. Vernissage) e, spesso, il sistema che dà significato all’opera diventa preponderante rispetto all’oggetto stesso. Questo predominio fa sì che l’opera d’arte si disperda in una molteplicità inesauribile di significati e che possa trovarsi in ogni meandro della realtà. Il pubblico è il vero elemento fondamentale dell’estetica contemporanea, protagonista della rivoluzione che avviene sul piano dell’esperienza ricettiva.
Confusi? Non è semplice in effetti, ma in sostanza dietro l’odierna consacrazione di un’opera allo status di arte, operazioni mediatiche e di marketing sono certamente presenti. Allo stesso tempo, tuttavia, l’arte contemporanea cela un universo vastissimo di analisi, riflessioni e studi e sono queste che, al di là dell’oggetto in sé, costituiscono un patrimonio artistico di valore e di tutto rispetto. Pronti quindi, armati di guida e di pazienza, a dare una chance alla prossima mostra?
FONTI
Appunti Corso di Estetica Università degli Studi di Milano – Prof. G.Lacchin anno 2016/2017
La Linea Analitica dell’Arte Moderna – Menna
CREDITS