RAGAZZE DI CAMPAGNA: STORIA PROIBITA DI EMANCIPAZIONE FEMMINILE

Corre l’anno 1960 quando Edna O’Brien pubblica Ragazze di campagna. Racconta una storia fortemente autobiografica, a partire dalla dedica – a mia madre –, scritta in soli tre mesi.

C’è la protagonista, la timida Caithleen, vittima di un padre padrone dedito all’alcolismo e delle circostanze che la rendono presto orfana di madre. C’è la migliore amica, Baba, manipolatrice per gioco e per bisogno, che la tiene nella sua rete pagina dopo pagina, ma la accoglie anche nella propria casa nel momento di maggiore difficoltà. Ci sono i tanti personaggi di cui O’Brien popola il villaggio prima, la città poi. Soprattutto, c’è l’Irlanda di metà Novecento, la cattolicissima campagna irlandese, e Dublino, la Dublino cui si guarda con aspettativa crescente, ma nella quale cambia poco o nulla.

Ragazze di campagna è la storia di Caithleen e Baba che cercano di diventare donne. Ottima alunna, intelligente e diligente – tratto assai più valorizzato nel contesto rigidamente cattolico descritto da O’Brien –, la prima si crea un’opportunità grazie ad una borsa di studio. Figlia del veterinario del paese, la seconda l’opportunità se la vede offrire dai soldi del padre. Una possibilità rappresentata da un collegio gestito da suore, e che Caithleen e Baba trovano il modo di far sfumare dando sfogo all’insofferenza per le rigidissime imposizioni della scuola.

Ragazze di campagna è la storia di Caithleen e Baba che, convinte di avere il mondo in mano si fanno espellere e tornano al paese natale. Salvo poi lasciarlo nuovamente in cerca di fortuna, perché in quel paesino – e nel moralismo cattolico – non può esserci nulla per loro. Ed ecco una nuova opportunità: la città, le nuove conoscenze, la prima volta lontane dalla famiglia, il primo lavoro, le prime esperienze amorose vissute liberamente. E le prime vere difficoltà, la disillusione, la delusione.

Ragazze di campagna, Edna O’Brien, Elliot edizioni.

Con Ragazze di campagna, Edna O’Brien racconta di due giovani che si lasciano trasportare dalla vita, senza lasciarsi fermare dalle restrizioni del contesto nel quale il destino le ha calate. Vivono intensamente, sentono. Le risposte di Caithleen al padre alcolizzato sono pungenti, i metodi che le protagoniste utilizzano per farsi espellere dal collegio osceni, gli amori vissuti con trasporto. E la prosa è sensibile e delicata quanto la storia che racconta.

O’Brien riceverà il prestigioso Kingsley Amis Award pochi anni dopo, per questa stessa pubblicazione, e ne farà il primo capitolo di una trilogia, cui seguiranno La ragazza sola (1963) e Ragazze nella felicità coniugale (1964). Ma prima del successo, dovrà vivere il disappunto dei suoi contemporanei: la madre rifiuta la dedica per la vergogna e cancella dalla copia del libro che conserva in casa i passi che ritiene più espliciti; il romanzo è radicalmente condannato, proibito e bruciato sul sagrato delle chiese per la verità che comunica, quella di una generazione di giovani donne che si battono per la possibilità di vivere liberamente, rivendicando anche il diritto all’errore.

Ed Edna O’Brien entrava nel triste mondo degli scrittori che non possono pubblicare nel Paese in cui sono nati. Con la consolazione di essere riconosciuta, oggi, a livello mondiale, fra i maggiori esponenti viventi della letteratura in lingua inglese.


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