Quanto spesso sentiamo la frase: “la bellezza non conta”! Quando si discute dell’aspetto fisico è semplice ergersi a paladini del “non-bello”, affermare che ciò che importa davvero di una persona sia “quello che c’è dentro”, magari aiutandosi con un po’ di sentenziosa saggezza popolare: “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”. Ma è poi così vero che la bellezza non conti?
Senza soffermarsi sugli infiniti esempi che possiamo trovare nella realtà attuale, come la discussa questione degli standard fisici richiesti alle modelle, tutta la letteratura porta i segni dell’influenza che il “ben apparire” esercita (e ha sempre esercitato) nella società; e la letteratura, si sa, è lo specchio dell’umanità. Sin dalle origini, il mito ci ha insegnato che “il buono” è bello, l’eroe è attraente, mentre “il cattivo” è deforme. Dal mito alla fiaba, il “brutto” risale il corso dei secoli fino a venire analizzato e sistematizzato: prima con la teoria del grottesco di Victor Hugo, che dà vita a personaggi fortemente romantici come Quasimodo e il buffone Triboulet, alias Rigoletto dell’opera lirica verdiana; in seguito con la sua evoluzione nella poesia baudelairiana e post-ottocentesca, il Decadentismo, la Scapigliatura, sino a raggiungere l’apice della sua trattazione nel Novecento.
Un’opera della letteratura dove il tema della “bruttezza” è trattato in maniera tutt’altro che banale, è Cyrano De Bergerac, celebre commedia di Edmond Rostand, andata in scena per la prima volta nel 1897 a Parigi. Cyrano è un cadetto di Guascogna dal forte temperamento, temibile spadaccino, sempre pronto a difendere libertà e ideali a costo di inimicarsi i potenti e di vivere in povertà. È dotato di una profondissima sensibilità e di un animo nobile, che esprime componendo poesie; ama in segreto la cugina Rossana, ma per via del viso grottesco, reso tale dal lunghissimo naso, non osa esprimerle i propri sentimenti. Rossana è innamorata di Cristiano, giovane e aitante cadetto, sopravvalutato tuttavia dalla fanciulla che ne ammira la bellezza interiore che trapela tramite le lettere d’amore che riceve a suo nome; in realtà la persona di cui è effettivamente innamorata Rossana è lo stesso Cyrano, che le invia le lettere con la firma di Cristiano per poterle esprimere, anche se in segreto, la propria passione. Quando Cristiano, inconsapevole di questo stratagemma, scopre che l’amata è innamorata non di lui, ma dell’autore di quelle lettere, affronta Cyrano e gli chiede di parlare chiaramente con la cugina, affichè lei possa scegliere chi ama davvero. Ma prima che Cyrano possa rivelarsi, Cristiano viene ferito gravemente durante delle operazioni militari; e il guascone non ha cuore di rivendicare il suo amore, sussurrando al cadetto morente che Rossana ama solo lui.
Nonostante sia un uomo scontroso, Cyrano è indubbiamente un’anima buona, capace di amare davvero, dalla sensibilità altissima. Purtroppo, lo smisurato naso viene vissuto come un fardello, con vergogna profonda, che non gli permette di aprire il suo cuore alla persona che ama. Quando confessa i propri sentimenti all’amico Le Bret, che lo incoraggia a dichiararsi, ribatte “Guardami in faccia e poi dimmi quale speranza/ consentir mi potrebbe questa protuberanza!”, mentre viene alla luce il proprio sentimento di vergogna quando l’amico gli domanda se sta piangendo, e risponde: “Questo no, mai! Sarebbe troppo sconcio vedere/ una lagrima lungo tale naso cadere! Io farò, sin ch’io possa, che mai la sovrumana/ bellezza delle lagrime con tanta grossolana/ sconcezza si confonda! (…)”. Quando Cristiano gli impone di rivelare i propri sentimenti alla cugina, Cyrano lo implora di non condannarlo a un simile “supplizio”, anche se rassicurato dalla cugina sul fatto che lei amerebbe l’autore delle lettere, qualunque sia il suo aspetto. Non ha tuttavia il coraggio di dichiararsi, prendendo come pretesto la morte di Cristiano. Il gesto di Cyrano non è da leggere unicamente come atto di bene nei confronti del moribondo, ma anche come un sotterfugio per sfuggire al temuto confronto con la cugina. È Cyrano che limita sé stesso, ma questa è una conseguenza del disvalore che la società conferisce all’immagine di “ciò che è brutto”, che porta alla convinzione di valere poco se non si possiedono determinate caratteristiche. Spinge a sentirsi rifiutati, a provare un sentimento di inferiorità e di non appartenenza, che può portare a conseguenze come l’auto-isolamento, nel caso di Cyrano, e a non vivere alcune esperienze come quella della relazione (in punto di morte Cyrano dichiara dolorosamente: “Qui riposa Cyrano/ Ercole Saviniano/ Signor di Bergerac/ che in vita sua fu tutto e non fu niente!”). Talvolta questa situazione genera invidia, e anche rabbia, che avvelenano dentro la persona che le sperimenta, portandola a non godere di alcuna soddisfazione in ciò che fa, e che possono sfociare in violenza.
Così, quando oggi ci confrontiamo con “il brutto”, sarà meglio interrogarci su quali conseguenze possano scaturire da una così superficiale definizione imposta dalla società, e soprattutto, su quale mondo porti dentro sé stessa qualunque persona incontriamo, che venga in tal modo tacciata.
Edmond Rostand, “Cirano de Bergerac”, Mondadori, 1995.