Il dizionario Treccani definisce il termine scelta come un libero atto di volontà per cui, tra due o più proposte, si manifesta o dichiara di preferirne una ritenendola migliore. Certo è che, se davvero l’opzione ottimale fosse così facile da intuire, non si verificherebbe il comunissimo senso di smarrimento nel momento di prendere una decisione.
Il meccanismo così apparentemente semplice viene rappresentato in tutta la sua reale complessità dall’autore Italo Svevo. Il tema dell’inettitudine, ovvero l’ incapacità di prendere decisioni che si configura come una paralisi della scelta, è trasversale in tutta la sua produzione. Inetto è il protagonista di “Una vita” , di “Senilità” e de “La coscienza di Zeno”.
Il dubbio e lo stato di apprensione che l’animo di qualsiasi individuo prova quando si trova davanti ad un bivio sono una costante della vita umana. Kierkegaard, filosofo danese, è il primo a ricondurre la comprensione dell’intera esistenza umana alla categoria della possibilità . Nel suo diario egli parla di una “scheggia nelle carni”, immagine di questa l’impossibilità di ridurre la propria vita ad un compito preciso, di scegliere una volta per tutte tra le diverse alternative.
Ogni scelta che prendiamo, secondo Freud, è condizionata da una parte inconscia dentro l’Io, una componente della struttura della personalità di cui non abbiamo consapevolezza. Anche analizzando con logica e raziocinio ogni aspetto della nostra decisione, la scelta conterà anche di un impulso inconscio.
E se si tratta di cultura occidentale non si possono evitare i classici greci e latini: Nella tragedia di Medea questo conflitto tra razionalità e irrazionalità raggiunge l’apice. Seneca ed Euripide, pur con sostanziali differenze tra di loro, mettono in scena il dramma di una donna combattuta tra il desiderio di somma vendetta e il suo naturale istinto di madre.
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