Prima che l’economia puntasse sul consumo immediato e pratico dei beni, i singoli prodotti venivano spesso riutilizzati, in modi diversi e funzionali, così da evitare inutili sprechi, riducendo dunque i costi e, indirettamente, l’impatto ambientale.
A seguito del cambio di stile economico e di consumo, il ciclo di vita dei beni si è accorciato, entrando in uno schema produttivo che viene definito lineare: prendi-produci-consuma-butta.
Il crescente interesse per la cura dell’ambiente ha fatto sì che si sviluppasse un modello economico detto circolare, che si rifà alla vecchia abitudine dei riutilizzo.
Tale modello, si pone come obiettivo la riduzione, per quanto più possibile, della dispersione delle risorse, seguendo due principi, uno per le risorse di origine biologica, e dunque decomponibili, e uno per i materiali inorganici, che vengono reinseriti all’interno del ciclo di produzione per essere riutilizzati. In linea con questo modello sono state sviluppate delle innovazioni relative al packaging che, se avranno successo, si riveleranno fondamentali per la lotta allo spreco e all’inquinamento.
Ma andiamo con ordine.
Che cos’è il packaging?
Il packaging è la confezione, l’involucro che avvolge il prodotto, ed è un elemento strategico che può determinare il successo del prodotto stesso. Una confezione accattivante o esteticamente bella, può invogliare il consumatore all’acquisto di una marca piuttosto che di un’altra, convogliando l’attenzione sull’estetica e orientandone dunque le scelte. Lo sanno bene le aziende dei prodotti alcolici, per cui la cura di bottiglie ed etichette svolge un ruolo fondamentale per la vendita dei propri prodotti e per ampliare il pubblico di riferimento e rivolgersi ai meno esperti, attirando l’attenzione prima sulla grafica prima che sul contenuto, creando dei veri e propri oggetti di design.
Al di là della funzione estetica comunque il packaging ha anche l’ovvia funzione di proteggere e contenere il prodotto. Al giorno d’oggi molti prodotti sono venduti in confezioni monouso oltre che confezionati singolarmente. Il che implica un’incidenza enorme sulla quantità di rifiuti prodotti.
Non solo i prodotti alimentari (pensiamo a caramelle e merendine) ma anche i prodotti di uso quotidiano sono confezionati all’interno di involucri di plastica o carta.
Varie indagini di mercato hanno però stabilito come il 70% dei consumatori sarebbe disposto a spendere di più per un prodotto che si riveli eco-friendly, anche nella sua confezione.
Ecco allora nascere e svilupparsi idee originali ed innovative, come il packaging idrosolubile, composto di materiali naturali e che si scioglie in acqua in pochi secondi o i packaging composti di materiali biodegradabili e dunque facilmente riciclabili o addirittura commestibili.
La questione insomma è ormai fonte di dibattito e oggetto di studi da parte di aziende e governi. Consapevoli di quanto lo stile di vita consumistico impatti sull’ecosistema sono molte le soluzioni proposte che potranno essere attuate nel lungo termine.
Nel frattempo si stanno mettendo a punto piani d’azione attuabili nell’immediato.
Quando si parla di packaging infatti, non si deve pensare solo alla confezione del prodotto stesso, ma anche all’imballaggio che contiene le merci lungo il tragitto dal punto di produzione al rivenditore.
Proviamo a pensare ai trasporti di merci deperibili e non. Tali prodotti vengono consegnati all’interno di imballaggi che, una volta giunti a destinazione, vengono buttati, perché rotti o danneggiati o perché contenuti in imballaggi monouso. Può capitare inoltre che tali imballaggi giungano fin dentro la casa del consumatore, interrompendone dunque il ciclo di vita.
Per limitare i danni di questa situazione, sta prendendo piede la produzione di imballaggi che possano essere riutilizzati.
Un esempio è quello del consorzio EURepack, che, in collaborazione con diverse e importanti aziende del settore, produce imballaggi in plastica con una struttura compatta che riduce lo spazio ingombrato sui mezzi di trasporto, abbassando dunque tempi e costi di consegna e di conseguenza l’impatto ambientale necessario al viaggio, e che possono essere reimmessi nel ciclo di spedizione e consegna. Per il momento limitata al settore agricolo alimentare, conta di espandere il proprio raggio d’azione anche ad latri settori.
I punti su cui lavorare sono infatti l’ingombro e il materiale. Riducendo le dimensioni e utilizzando materiali riciclabili o più resistenti e dunque riutilizzabili, si ottiene infatti da una parte, il poter caricare più merci sullo stesso mezzo di trasporto, dall’altra, la riduzione concreta di materiale da buttare.
Un altro problema è però la gestione degli imballaggi da parte dei consumatori una volta che questi entrano nelle loro case.
Non si parla in questo caso solo delle merci acquistare nei punti vendita, ma anche dei prodotti acquistati online.
Pensiamoci. Quante volte abbiamo ricevuto un pacco? Ognuno di quegli ordini ha implicato il confezionamento del prodotto in un imballaggio, che abbiamo inevitabilmente gettato. Se moltiplicassimo questo momento per tutti i frequentatori dei negozi online, potremmo renderci conto dell‘impatto devastante di questo ciclo di azioni.
Per tale motivo una start up finlandese ha avviato nel 2011 Repack, un progetto che permette il riutilizzo fino a 40 volte dell’imballaggio.
Le confezioni Repack sono prodotte in varie misure, adattabili a seconda del contenuto, con materiale riciclato e consentono una riduzione delle emissioni di CO2 fino all’80%.
Al consumatore che sceglie i prodotti confezionati in tali imballaggi viene addebitata una cifra minima come importo/cauzione. Una volta riveduto l’ordine non deve fare altro che imbucare l’imballaggio in una qualsiasi casella postale per ottenere uno sconto presso una qualunque delle altre aziende che aderiscono all’iniziativa.
Al momento la percentuale di restituzione si attesta attorno al 95%, dimostrando dunque il successo del progetto, un successo che si traduce in guadagno e che coinvolge sia gli acquirenti che le stesse aziende.
Dobbiamo prendere atto del fatto che il nostro stile di vita ha ripercussioni sull’ambiente. Dobbiamo imparare a vedere, vedere davvero, e capire le azioni che compiamo ogni giorno per renderci conto di quello che comportano e di quello che c’è dietro. Non si tratta di retorica. L’inquinamento influenza lo spazio a noi circostante e lo spazio che non vediamo, influenza l’aria che respiriamo noi stessi e che faremo respirare a chi ci seguirà.