La befana vien… coi Magi!

« Viene viene la Befana,
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana. […]»

Figura tipica della tradizione folcloristica italiana, pressoché sconosciuta all’estero (se non in alcune varianti, di cui ha parlato la nostra Martina), alla Befana sono dedicate filastrocche e canti popolari; ma anche il poeta Giovanni Pascoli si lasciò ispirare dalla misteriosa vecchina che la notte tra il 5 e il 6 gennaio distribuisce ai bambini dolci e carbone.

Per certi versi, infatti, questo personaggio è assimilabile a Santa Lucia e Babbo Natale, pur mantenendo una singolarità marcata, fin dall’aspetto fisico. Naso adunco e mento appuntito, avvizzita e gobba per il freddo notturno, l’età e il peso dei doni, ammassati in sacchi di iuta sformati fino a assumere la forma di grosse calze. Insomma, non certo un emblema di avvenenza, semmai di povertà: è vestita di stracci rattoppati e si infila nelle cappe dei camini finendo per coprirsi di fuliggine.

La befana sulla sua scopa

Attenzione però a non scambiarla per una strega! Nonostante l’aspetto sgradevole e il carattere schivo e burbero, non è cattiva, o non preparerebbe dolciumi per i bambini di tutto il mondo. Che la Befana giudichi il comportamento dei monelli e li ammonisca portando loro solo carbone, infatti, è una rilettura del mito nell’ottica della morale cristiana: originariamente cenere e torba accompagnavano i dolcetti come simboli positivi di rigenerazione e fertilità. Proprio in questa chiave vanno letti i riti diffusi in molte regioni d’Italia che, nello stesso periodo invernale, prevedono di bruciare su dei roghi fantocci femminili.

Dei buriei, come vengono chiamati al Nord questi falò, parla perfino Ovidio: in essi tradizioni celtiche e pagane si fondono nell’immagine di una donna, personificazione di Madre Natura, che vola sui campi a propiziarne la fecondità. Non a caso l’Epifania si fissa nel calendario poco dopo il solstizio d’inverno, ossia quando il sole, simbolo di vita, torna visibilmente a aumentare la sua luce e il suo calore. La Befana, quindi, con la sua senilità, rappresenta semplicemente la ciclicità delle stagioni, il passaggio dal vecchio al nuovo e dalla morte alla vita: la si festeggia dodici giorni dopo Natale, dodici quanti sono i mesi dell’anno.

Proprio per distinguerla da figure maligne, l’iconografia popolare vuole la befana a cavallo sì di una scopa di saggina, ma usata al contrario, quindi con le ramaglie davanti; non indossa mantello e capello a punta, ma si protegge dal freddo con scialle e fazzoletto annodato sul capo.

Visita dei Magi a Gesù Bambino dodici giorni dopo la sua nascita, in un olio di Heinrich Hofmann

Il radicamento di questa figura e dei festeggiamenti a essa legati nella cultura popolare, ne garantirono l’ammissione anche da parte del Cattolicesimo. Il tentativo di epurarla dai connotati più sfacciatamente pagani determinò la nascita di una leggenda, nota fin dal XII secolo, che la legava addirittura ai racconti dei Vangeli. Se l’Epifania, la manifestazione della divinità, si ha quando i Magi raggiungono Betlemme, la Befana non sarebbe altri che una vecchina a cui questi saggi orientali chiesero indicazioni su dove trovare il Messia appena nato. Dopo aver rifiutato la proposta dei Magi di recarsi con loro a portare doni al Bambino, l’anziana donna si pentì della sua stoltezza: preparati dei dolci come offerta, uscì di casa e tentò di ritrovare i tre sapienti. Non riuscendoci, però, si mise a bussare alle porte di tutte le case e a distribuire i suoi regali a tutti i bambini che incontrava, nella speranza che uno di loro fosse Gesù.

Ancora oggi la vecchietta, sebbene da una ventina d’anni abbia trovato ufficialmente casa a Urbania (tanto da detenere per alcuni giorni le chiavi della città!) non smette di portare doni ai più piccoli.

 


FONTI

Thetripmag

Quotidiano

Gazzettadimantova

Festadellabefana

CREDITS

Copertina: Immagine 1

Immagine 2

 

 

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