La sostanziale differenza tra chi espone semplicemente un’idea e chi la professa, è che il secondo ha il coraggio di viverla in prima persona e saggiarne i pro e i contro sulla propria pelle. Henry David Thoreau, filosofo, scrittore ed esponente del trascendentalismo americano, si posiziona tra i secondi.
Come facciamo a saperlo? Basta leggere Walden o Vita nei boschi, un saggio/resoconto autobiografico che narra di un’esperienza vissuta dallo stesso autore tra il 1845 e il 1847: egli si rifugiò tra i boschi, costruendosi una casa sulle sponde del lago Walden, e lì visse da solo e a stretto contatto con la natura.
Perché? Per dimostrare a se stesso e agli altri che è perfettamente possibile vivere una vita estranea ai comuni valori e alle convenzioni, ai privilegi moderni e agli obblighi sociali, che appaiono così indispensabili quando in realtà, già nella frugalità e nell’armonia con la semplicità dello spirito naturale, si può avere tutto quanto si possa desiderare.
Un’impresa degna di nota e di rispetto, senza dubbio. Ma ci appare spontaneo chiederci: oggi, considerati tutti i comfort e i privilegi cui la società moderna ci ha abituati fin dalla nascita, sarebbe possibile tornare a vivere nei boschi?
La proposta è che sia il lettore stesso a valutarne la possibilità, in rapporto alle proprie esperienze personali e alle conoscenze riguardo agli stili di vita odierni. Le informazioni che daremo, dunque, si limiteranno a un resoconto delle maggiori difficoltà che Thoreau dovette fronteggiare, partendo proprio dalle parole dello scrittore.
1) Il rifugio.
“Così, scopersi che lo studente che voglia avere un rifugio può averlo per tutta la vita, e a un prezzo non molto più alto della pigione che ora paga annualmente.”
Thoreau ci offre un’esposizione dettagliata di come, con scarsa difficoltà, aiuti o impieghi economici, riuscì ad erigere una piccola casa di tutto rispetto, provvista perfino di un camino in mattoni.
2) Il cibo.
“Gli dissi anche che non usavo tè, caffè, burro, latte o carne fresca, e che così non dovevo lavorare per procurarmeli; ancora, che, non lavorando molto, non dovevo mangiare molto, e che a me il cibo costava assai poco.”
Tra gli alimenti consumati da Thoreau in quel periodo annoveriamo: pane (da lui stesso prodotto), vari ortaggi (da lui coltivati), erbe, funghi e frutta selvatica, e pesce da lui pescato. La fame non era certo un problema, per lo scrittore.
3) Il lavoro.
“Feci un raccolto di dodici staia di fagioli, diciotto staia di patate, più un po’ di piselli e grano dolce.”
Alla improvvisata avventura da contadino, aggiungiamo dei lavoretti saltuari presso il vicino villaggio di Concord. Thoreau stesso ammette che il lavoro non lo incalzava né gli rubava molto tempo (“Amo che vi sia un largo margine di respiro, nella mia vita”).
4) I pericoli.
“Non avevo nessuna serratura o chiavistello se non nel tavolo dove riponevo le mie carte […] E tuttavia la mia casa era più rispettata che se fosse circondata da una fila di soldati.”
Thoreau racconta di non aver mai subito aggressioni o furti, sebbene la sua casa si stagliasse in una zona praticamente isolata, e che anzi gli abitanti del villaggio vicino lo stimavano e lo avevano in simpatia, sebbene lo considerassero un po’ eccentrico.
5) La solitudine.
“Trovo salutare restare solo per la maggior parte del tempo. Essere in compagnia, anche dei migliori, provoca subito noie e dispersioni. Amo restare solo.”
C’è da dire, tuttavia, che un notevole stuolo di contadini, abitanti di Concord e pellegrini non mancò certo di far visita a Thoreau – e tuttavia “non trovai mai un compagno che fosse tanto buon compagno della solitudine”.
A questo punto, il lettore si sarà certamente fatto un’idea di quanto, rispetto alla metà dell’‘800, oggi un tentativo di eremitaggio e isolamento sociale sia improponibile o quantomeno più difficoltoso – non tanto per un oggettivo aumento delle avversità, quanto per il fatto che ci stiamo sempre più disabituando alle restrizioni. Ma solo eliminando il superfluo possiamo intravedere l’indispensabile, e possiamo renderci conto che:
“Dio stesso culmina nel momento presente, e non sarà mai più divino, nel corso di tutti i secoli.”
H. D. Thoreau, Walden o Vita nei boschi, Editoriale Opportunity Book s.r.l. Milano, 1995, trad. di Piero Sanavio