letteratura s. f. [dal lat. litteratura, der. di littĕra e littĕrae, secondo il modello del gr. γραμματική (v. grammatica)]. – 1. In origine, l’arte di leggere e scrivere.
Già dalla definizione queste due discipline si intrecciano, sia letteralmente che metaforicamente. Cos’altro potrebbero infatti essere, se non modi diversi di raccontare storie, facce della stessa esigenza di comunicare un’emozione? Non per niente un capolavoro letterario si paragona ad un’opera d’arte, o di un quadro si dice che se ne dà una lettura.
La scrittura (e quindi, stando alle molte definizioni accessibili su qualunque dizionario o in rete, ciò che rende la letteratura tale e non un compendio di tradizioni orali) è stato il punto di svolta più significativo della sua epoca, al punto da essere considerato da molti storici come la linea di demarcazione dalla Preistoria alla Storia vera e propria. Ha reso definitivo il passaggio dell’uomo da primate straordinariamente intelligente al qualcosa di più che ancora oggi amiamo definirci.
Eppure il bisogno di raccontarsi è nato molto, molto prima.
Tutti sappiamo qualcosa delle pitture rupestri trovate a Lascaux e ad Altamira, risalenti a circa diciottomila anni fa; esse raffigurano creature e scene appartenenti alla vita quotidiana del Paleolitico superiore. Eppure non si tratta delle manifestazioni artistiche più antiche; ce ne sono perfino di risalenti a trentotto, trentanove, quarantamila anni fa. Come se non bastasse, queste forme d’arte potrebbero essersi sviluppate indipendentemente in diverse zone del mondo o, al più, derivare da fenomeni migratori di popolazioni che hanno portato la propria rudimentale “letteratura” con sé.
Com’è facile capire, sin dal principio queste forme d’arte si intrecciavano profondamente ad un’altra delle grandi esigenze dell’umanità, vale a dire la spiritualità. Si crede infatti che molti di questi esempi di pittura rupestre avessero valenza simbolica e propiziatoria.
Dovremo attendere ancora dei millenni prima che le prime forme di scrittura facciano la loro comparsa in Mesopotamia, poi in Egitto e poi via via in tutta la zona indoeuropea, e in modo probabilmente indipendente in Cina, a grandi linee nello stesso periodo.
Anche così, la scrittura era appannaggio dell’élite – alzi la mano chi ricorda le figure praticamente semidivine degli scribi nell’Antico Egitto – e tale è rimasta fino a pochi secoli fa, quando l’alfabetizzazione ha mosso i primi timidi passi verso i ceti meno abbienti.
Basta pensare a questo per capire l’importanza che la letteratura “visiva” ha avuto per la cultura in tutto questo tempo. Un emblema di questo fenomeno sono sicuramente i luoghi di culto, tappezzati di riferimenti visivi ed opere d’arte che riportassero concetti e storie legati alla religione, alle menti dei fedeli. Interi brani dei testi sacri del cattolicesimo sono raffigurati sulle pareti delle chiese e delle basiliche, per esempio, a comprovare la strettissima associazione di idee fra immagini e parole.
Ancora oggi siamo in grado di apprezzare le storie raccontate attraverso le opere d’arte, non solo sotto forma di dipinti, ma anche fotografie, fumetti, fotoromanzi, forse a maggior ragione perché incontaminate dal pesante fardello delle parole.
Questo a riprova del fatto che per quanto l’evoluzione ci spinga al futuro, al miglioramento e a nuove forme di espressione, una parte di noi si riconoscerà sempre in quell’uomo primitivo che, magari in una sera d’inverno di quarantamila anni fa, dipinse sulle pareti di una grotta quel che voleva che gli sopravvivesse.
CREDITS copertina grotte di Lascaux Immagine 1 Pitture rupestri del sud-est Asiatico (Kinez Riza/Nature) Immagine 2 Diluvio universale (William Bell Scott)