Presentato durante l’ultima edizione di Filmmaker Festival, Ornette: Made in America è un vero e proprio monumentale tributo al famoso jazzista Ornette Coleman, nonché ultimo film e testamento cinematografico della grande Shirley Clarke.
Famosa per il suo cinema indipendente e sperimentale, e per aver vinto l’oscar per il miglior documentario con Robert Frost: A Lover’s Quarrel With the World nel 1964, Clarke era come Coleman un’avanguardista, un’artista libera da ogni convenzione. Tali caratteristiche la resero perfetta per quella che risulta essere un’innovativa analisi del padre del free jazz.
Ornette: Made in America non è infatti un comune documentario, ma un vero e proprio ponte di congiunzione tra cinema e musica, dove quest’ultima detta il ritmo del primo. È la musica di Coleman infatti a determinare il tempo, e spesso lo spazio, del documentario, rendendo così un’esperienza visiva che riporta perfettamente non solo il pensiero musicale e il processo creativo di Coleman, ma anche la straordinarietà stessa della sua musica.
Shirley Clarke ha infatti deciso di unire filmati cinematografici, come le rievocazioni dell’infanzia e gioventù del jazzista, con riprese reali, tra cui interviste, discussioni, filmati di concerti, e tutti i documenti che potessero testimoniare l’intelligenza artistica di Coleman. Questa scelta è però soprattutto resa grazie ad un innovativo montaggio, che segue letteralmente il tempo della musica, assecondandolo e giocandoci, rendendo così il film di Clarke qualcosa di unico.
Clarke disse infatti che il suo obiettivo non era tanto quello di far conoscere Ornette, presentarlo al mondo, e dunque fare un documentario esplicativo della sua vita; se mai il fine primario era quello di portare, infatti, sul grande schermo un prodotto che riproducesse l’esperienza della musica di Ornette:
“Dopo aver deciso quale fosse il cuore del film, overo la sua musica, ho editato in base ad essa. È da lì che provengono i ritmi e l’energia. Il film appare come la musica di Ornette suona, e ha alla sua base lo stesso ragionamento”.
Il film manifesto di Clarke riesce dunque magistralmente a rappresentare la musica, ma soprattutto la libertà che caratterizzava Ornette Coleman, una libertà artistica totale e totalizzante, che non sottosta a nessun criterio se non a quello del ritmo interno, così pura e meravigliosa da spaventare qualsiasi musicista.