La debolezza del giornalismo tradizionale cartaceo di fronte all’avanzata dell’informazione digitale spinge il mondo della comunicazione a dover ripensare se stesso: nell’epoca delle fake news, l’approccio superficiale, autoreferenziale ma “sentimentale”, cioè che mira a suscitare emozioni nel lettore (indignazione, rabbia, ecc…), ha avuto la meglio sulla qualità dei mass media tradizionali, che appaiono antiquati. A volte addirittura gli stessi giornali “storici” si abbassano a scimmiottare piattaforme web, minando ancora di più la propria credibilità. Le newsgames sono forse una speranza per uscire da questo tunnel.
Secondo la definizione che dà la letteratura esistente in merito, esse consistono in videogiochi pensati per informare su temi di attualità (current events), per offrire documentari coinvolgenti (documentary), per sensibilizzare il pubblico alle problematiche del giornalismo (literacy), oppure per mettere in discussione la vita quotidiana del lettore attraverso la creazione di una realtà virtuale (community), che gli stessi lettori/utenti contribuiscono a formare. In senso lato, possiamo definire newsgames tutti i videogiochi con uno scopo che vada oltre quello ludico (noi ve ne abbiamo presentato uno per bambini qui): l’hype che circonda questo fenomeno è dovuto appunto ai molti utilizzi che se ne può fare.
Denominatore comune è il fatto che il lettore è reso soggetto, trovandosi a “vivere” in prima persona, almeno virtualmente, la notizia. Inoltre, le newsgames evitano di concentrarsi troppo sulle storie delle singole persone (come a volte succede nei reportage), ma mostrano sempre l’ambiente. La ripetitività del gioco infine aiuta a rinforzare la notizia nella mente del lettore.
In realtà, le newsgames sono solo l’ultima frontiera del connubio tra informazione e intrattenimento (il cosiddetto infotainment): essi sono in grado di soddisfare sia la necessità di raccontare una storia al pubblico (che però rischia di essere inquinata dalla narrazione del giornalista), sia il dovere di fornire un quadro esatto della situazione (che però può risultare troppo astratto) attraverso dati raccolti sul campo, utilizzando un linguaggio noto al grande pubblico (i videogiochi sono ormai diffusi anche tra i non più giovani), e sfruttando un mercato, quello dei videogiochi, che non conosce crisi.
Uno dei principali problemi delle newsgame è il tempo: per programmare un videogioco serve più tempo che per scrivere un articolo, e se per le informazioni di attualità quest’aspetto è molto limitante. Inoltre, quando lo sviluppo dei videogames viene assegnato a società esterne, possono esserci incomprensioni; proprio per questo motivo il progetto di collaborazione tra il New York Times e la Persuasive Games terminò dopo pochi mesi.
In conclusione, non è ancora chiaro se si tratta di un fenomeno temporaneo che non avrà futuro, o una rivoluzione per il mondo del giornalismo.
FONTI
Ian Bogost, Simon Ferrari, Bobby Schweizer, “Newsgames: journalist at play” (MIT press)
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