Immagine di copertina: Statua del Cristo Re, a Świebodzin, in Polonia.
Il caso del giornalista di Nemo aggredito da un membro del clan Spada ad Ostia ha portato al centro della discussione l’avanzata nel nostro Paese dei movimenti di estrema destra. Infatti, a causa della crisi economica e della questione dei migranti, assistiamo al riaffermarsi di un sentimento diffuso di xenofobia: ultima in ordine temporale, la vergogna degli adesivi di Anna Frank con la maglietta della Roma, che non ha ricevuto una stigmatizzazione unanime (i tifosi della Lazio hanno risposto con il saluto romano).
Ma il vento della xenofobia soffia in tutta Europa, alimentato spesso da fake news e da revisionismo storico sui fatti del Novecento, e soprattutto in Polonia, dove il sistema democratico sta vivendo forse il più grande periodo di difficoltà dal 1989. Nella patria del papa Karol Wojtyła infatti, oltre al nazionalismo imperante, sta emergendo l’animo sinceramente cattolico del Paese, represso da cinquant’anni di comunismo, in modi che, agli occhi di uno spettatore esterno, possono sembrare grotteschi.
Una delle espressioni più recenti del fanatismo religioso in Polonia è l’incoronazione di Gesù Cristo come re di Polonia. Sì, avete capito bene: Gesù Cristo è stato incoronato re di Polonia, e lo è da circa un anno. È successo infatti il 19 novembre 2016 a Cracovia, e sebbene non abbia alcuna rilevanza politica (la Polonia non è diventata una teocrazia medievale), moltissimi politici, tra cui il presidente della repubblica, Andrzej Duda, hanno partecipato, dando un profondo significato simbolico all’evento. Il riconoscimento del potere secolare dell’autorità divina è come la chiusura di un cerchio, la riconciliazione della Polonia con le proprie origini dopo che queste sono state calpestate da anni di dominazione straniera e comunismo imposto. Già nel 2006 alcuni parlamentari fecero una mozione in merito: il fatto che undici anni dopo ci siano riusciti, è un segno dell’indebolimento dello spirito liberale e laico del Paese.
La chiave di lettura per questi fatti che comunque danneggiano l’immagine della Chiesa cattolica polacca è che quest’ultima è stata arruolata dal partito al potere, Diritto e giustizia (PiS), in una vasta opera di propaganda culturale per ottenere consenso elettorale. Il coinvolgimento nell’attività politica ha raggiunto un livello tale che Radio Maryja è stata multata per antisemitismo, per dire. La questione degli ebrei (e delle responsabilità della Polonia nell’Olocausto) è infatti un altro tema caldo, perché mai digerito completamente dalla società polacca.
Una ricorrenza che viene utilizzata dagli estremisti per dare una dimostrazione di sé è l’11 novembre. In questa data si ricorda l’indipendenza raggiunta dalla Polonia nel 1918, dopo più di 120 anni di dominazione. Abbiamo parlato di quanto è successo quest’anno qui, grazie al racconto di una redattrice de Lo Sbuffo che si trova attualmente in Polonia, ma già negli anni passati si sono verificati fatti spiacevoli. Nel 2013 fu bruciato un arcobaleno costituito da 23.000 fiori artificiali, esposto in centro a Varsavia come simboli di tolleranza e apertura (soprattutto verso i diritti LGBT).
Video: Qualcosa che non avremmo mai voluto vedere
Dopo quest’atto, quell’anno il corteo si rivolse contro l’ambasciata russa: l’odio, mai sopito, è risorto per l’aggressività russa in Ucraina e per il famoso incidente aereo di Smolensk nel 2010 dove perse la vita, tra gli altri, Lech Kaczyński, all’epoca presidente della repubblica. Costui era fratello gemello di Jarosław Kaczyński, attuale leader di Diritto e Giustizia. Sebbene sia stato appurato che si è trattato di un incidente, l’estrema destra alimenta un latente complottismo contro Putin che, a loro dire, si sarebbe macchiato di un attentato.
Neanche l’Unione Europea è ben vista, tanto che nel 2016 furono proprio le sue bandiere ad essere vittime della piromania dei militanti: la Polonia non accetta le imposizioni di Bruxelles sulla redistribuzione dei migranti in nome di un razzismo neanche poi troppo nascosto, nonostante la paura di “un’invasione” sia del tutto infondata. La presenza di stranieri, e in particolari di fedeli musulmani, è infatti bassissima. Ma qui sta l’incongruenza del nazionalismo polacco: la Nato e l’Unione Europea sono la principale garanzia per l’indipendenza dalla grande minaccia russa, e il Paese dovrebbe aver imparato dalla propria storia che il modo migliore per mantenersi liberi è entrare in una grande alleanza,cedendo una parte della propria libertà.
Secondo alcune analisi, tutto ciò non è altro che un segno del fatto che nell’Europa dell’est l’instaurazione di istituzioni democratiche di stampo occidentale non è stata accompagnata con la stessa velocità dalla diffusione di valori liberali, laici e democratici nella società civile. Adesso quest’ultima sta rigettando dei processi troppo veloci che non è stata in grado di comprendere del tutto. La democrazia dunque in Polonia non ci sarebbe mai stata pienamente, se non soltanto ad un livello puramente formale.
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Video: Tutti i problemi della Polonia, riassunti in un video: ad una manifestazione contro i profughi viene bruciato un pupazzo dalle sembianze ebraiche, con in mano la bandiera dell’Unione Europea.