The life of David Gale è un titolo che non dice nulla, lontano dall’attrattività suscitata dai “titoloni holliwoodiani”, eppure identificativo di una pellicola carica di significati profondi e non immediatamente percepibili.
Diretto da Alan Parker e scritto da Charles Randolph, racconta la storia di David Gale (Kevin Spacey), professore di filosofia presso l’università del Texas condannato a morte per aver stuprato ed ucciso una donna. L’avvocato difensore di Gale ottiene un’intervista con un’importante testata giornalistica, che affida l’arduo compito ad una giovane (Kate Winslet) nota per la sua riservatezza e determinazione.
Fin qui si ha l’impressione di essere in procinto di assistere ad un film contro la pena di morte, tematica importante, pungente, ma fin troppo discussa.
In realtà siamo di fronte a qualcosa di molto di più: innanzitutto il regista propone un film scevro da superficiali sentimentalismi, e molto più vicino ad un thriller (ben riuscito grazie anche alla collaborazione di Nicholas Cage) che si basa molto sul mantenimento della suspance che conduce ad un finale che non lascia indifferenti.
Ciò che ha confuso e distratto gli spettatori è il contenuto profondo del film, quello celato dalla prepotenza della tematica relativa alla pena di morte. A prima vista infatti tutto sembra ruotare attorno ad essa, grazie alla creazione di personaggi fanatici (come il finto governatore texano dalle sembianze dittatoriali) ed energici attivisti (tutto il seguito di David Gale).
Come ben emerge dagli splendidi dialoghi di Charles Randolph, è però sotteso un discorso filosofico incentrato sulla verità: in un epoca in cui i media diffondono la propria verità noncuranti delle esigenze conoscitive del popolo, Alan Parker ci presenta un personaggio che lotta per la sua realtà e non semplicemente per sfuggire alla condanna a morte.
Infatti il finale da questo punto di vista è rivelatore: il caso Gale è stato creato ad hoc per dimostrare che la pena di morte ha molti più svantaggi che vantaggi. Il protagonista è noncurante della propria vita poiché essa, e quella di tutti coloro che lo circondano, è guidata da valori e strade imposti dall’alto, da una verità comoda ed illusionistica in quanto tale.
Una volta giunti alla fine del film un personaggio come quello di Gale, controverso e non ben definito, appare come il Socrate moderno, sacrificatosi in nome della verità, e non di una verità qualunque, bensì quella che gli appartiene, che ha scelto e sempre seguito senza distrazioni e vacillamenti.
Visto in questa luce un film apparentemente commerciale diventa degno di lode e illuminante su quanto la nostra vista sia offuscata dalla nebbia dell’indifferenza.