Nelle fiabe e nelle favole solitamente la principessa è una figura debole e indifesa. Per questo è spesso in pericolo e rapita da streghe o draghi. A salvarla è sempre il coraggioso cavaliere, il principe azzurro. Ai bambini viene quindi trasmesso il messaggio di figure maschili e femminili stereotipate: le femmine sono deboli e non possono salvarsi da sole.
Ne La principessa e il drago (1980) questi stereotipi vengono ribaltati. In questa favola infatti la principessa è tutt’altro che debole e passiva. Elizabeth -questo il suo nome- è astuta e combattiva.
Inizialmente sembra una favola come tante. Elizabeth è una principessa bella, elegante e raffinata, che sta per sposare il principe Ronald. La situazione viene poi stravolta da un drago, che incenerisce il castello e rapisce non Elizabeth bensì Ronald.
Qui si ha la novità. Non solo ad essere rapito è il principe. Sarà proprio Elizabeth a partire all’inseguimento del drago. Indossa un sacchetto di carta – da qui il titolo originale “Paper Bag Princess” – e parte per salvare l’amato.
La principessa pur rimanendo femminile, è intrepida e intelligente. Decide infatti di non affrontare fisicamente il drago, ma mette a punto uno stratagemma, grazie al quale riesce a sfinirlo tanto da farlo cadere in un sonno profondo.
A questo punto Elizabeth può ricongiungersi al suo principe, pronta per tornare a casa con lui. Se non fosse che Roland si rivela ben diverso da com’era apparso all’inizio. Egli infatti è tutt’altro che un principe. Non ha infatti parole di gratitudine per l’amata e tanto meno parole d’amore. Anzi, le prime parole che le rivolge sono di critica, perché è disgustato dall’aspetto malconcio di Elizabeth. La quale capisce cosi di non volere un principe inetto e ingrato.
Il libro di Robert Munsch e Michael Martchenko è quindi, nonostante i trentacinque anni, molto attuale. Costituisce un ottimo esempio per veicolare con semplicità e ironia messaggi sulle questione del genere ai più piccoli.
Robert Munsch – Michael Martchenko. “La principessa e il drago”. 1 maggio 1980. Annick Press