Nella società attuale è in corso una vera e propria rivoluzione che sta diffondendo una visione sempre più malleabile della distinzione di genere: si sta cercando di accantonare la divisione netta tra maschile e femminile, a favore di una libera fluidità. Se un nuovo modo di pensare e una maggiore apertura mentale stanno rimodellando il concetto di ‘gender’, è inevitabile chiedersi: quanto ancora la divisione maschio-femmina permarrà nella realtà della moda? Quando si arriverà a parlare di moda genderless a 360°? Quanto dovremo aspettare prima che i negozi di abbigliamento abbattano la divisione in settori uomo-donna a favore di una scelta più libera e genuina di cosa ognuno di noi vuole indossare?
Agli inizi del secolo scorso le donne hanno dovuto affrontare ostilità e diffidenze davanti al loro desiderio di indossare i pantaloni: fino ad allora riservati ai soli uomini. Si sono imposte e hanno conquistato l’estensione di questo capo all’universo femminile, tanto che ormai in molti Paesi è considerata una cosa totalmente normale per ogni donna: per esempio, i jeans sono ormai diventati l’uniforme probabilmente più diffusa e utilizzata da entrambi i sessi.
Se oggi le donne si trovano a proprio agio in abbigliamento maschile e vengono accettate dalla società, il contrario purtroppo è ancora tabù: non sono molti gli uomini che fieramente indossano abiti anche solo remotamente ‘femminili’.
Sorge spontanea una domanda: se oggi i pantaloni sono così diffusi tra il popolo femminile, cosa che fino al XIX secolo risultava impensabile, quanto ci vorrà prima che anche la gonna diventi quotidianità per la popolazione maschile?
Nell’antichità greca e romana era completamente normale indossare tuniche strutturate come lunghe gonne per entrambi i sessi. È stato dal Medioevo che i calzoni, più pratici per le attività fisiche e i movimenti, si sono diffusi tra gli uomini, fino ad arrivare nel periodo rinascimentale ad una vera e propria distinzione tra abbigliamento femminile e maschile.
Essendo già esistita un’uguaglianza in passato, è facile pensare (e sperare) che possa tornare.
Nel mondo della moda ci sono alcuni marchi e stilisti che spiccano se si parla di ‘sconvolgimento dei generi’: Coco Chanel negli anni ‘20 indossava con disinvoltura i pantaloni e Yves Saint Laurent con il suo le Smoking ha aperto il mondo dell’abito maschile alle donne, portando sempre più donne a sceglierlo anche in occasioni formali ed eleganti (questa è stata la grande svolta!)
Così come il maschile ha influenzato il mondo della moda per donne, viceversa anche il femminile influenza sempre di più la moda uomo: da Gucci che, sotto la guida di Alessandro Michele, ha presentato per le collezioni maschili creazioni ricche di fiori, trasparenze, ricami e fiocchi; alla casa di moda Louis Vuitton, che nella campagna p/e 2016 ha fatto indossare una gonna al modello Jaden Smith.
Ed è proprio la gonna per uomini che rappresenterebbe la svolta verso una moda genderless: non si saranno superate le distinzioni, fino a quando non sarà completamente normale per un uomo indossare una gonna. Visti i cambiamenti degli ultimi decenni verso una fluidità in tema ‘gender’, appare come uno sviluppo inevitabile e sensato, quale regola impone che una gonna non possa avvolgere le gambe maschili così come quelle femminili? Non esiste alcuna legge matematica in base alla quale ‘pantaloni’ sta a ‘uomo’, come ‘gonna’ sta a ‘donna’ (se non una sfortunata rima casuale). Sarebbe ora che la società si scrollasse di dosso questi preconcetti arbitrari a favore di una maggiore libertà di espressione e tolleranza, perchè il vero ostacolo è proprio il modo di pensare della gente. È la società che ha creato questa distinzione, e quindi dovrà essere la società a liberarsene aprendo la mente ad una nuova visione.