PLOT OPERA: DON GIOVANNI, IL FASCINO DEL BAD BOY

Di Ilaria Zibetti

Sono stati versati fiumi d’inchiostro e scritte montagne di pagine su questo iconico personaggio, eppure esso non smette di affascinare e far riflettere.

Don Giovanni è stato immortalato da tanti autori e artisti degli ambiti più disparati: letteratura, cinema, pittura, musica, teatro… In merito a quest’ultima arte, segnalo l’approfondimento sulla versione rappresentata da Moliére [qui]. Una delle versioni più popolari è senza dubbio quella nata dalla felice collaborazione tra il poeta Lorenzo Da Ponte il compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart. Raccontiamo la trama nella maniera più concisa possibile, sebbene non sia facile. Vedrete come mai.

In Spagna, in un’epoca non ben precisata. Il giovane e licenzioso cavaliere Don Giovanni (che a dispetto del nome non è un religioso bensì un aristocratico), si diletta nella sua attività preferita: amoreggiare. Una sera – l’opera si apre con questo episodio – il servo Leporello ode il conflitto tra il suo padrone e Donna Anna, nobildonna che lui tenta di sedurre, sebbene da come venga rappresentato pare sia stato un tentativo di violenza. Lei non conosce l’identità dell’aggressore, in quanto indossa una maschera. Ciò nonostante cerca di dare l’allarme. In soccorso giunge il di lei padre, il Commendatore, il quale ingaggia un duello con Don Giovanni, rimanendone ucciso. Il cavaliere e il suo servo si danno alla fuga mentre Donna Anna e Don Ottavio, il suo promesso sposo, scoprono il cadavere e la giovane fa giurare a Ottavio di fare vendetta.

La mattina seguente, senza alcun rimorso di coscienza, Don Giovanni gira per strada assieme a Leporello alla ricerca di una nuova preda. Si imbattono in una ragazza che si lamenta vistosamente (strepita e parla da sola, per intenderci) di un uomo che l’ha abbandonata. Quando il cavaliere si avvicina scopre che la conosce già: si tratta di Donna Elvira, un’altra nobildonna da lui in passato sedotta e a cui aveva mancato la promessa di sposarla, così lei aveva deciso di seguirlo per metterlo di fronte alle proprie responsabilità. Questi però, con uno stratagemma, riesce ancora una volta a svignarsela. Leporello, impietosito dalla disperazione di Elvira, nella celeberrima “aria del catalogo”, le mostra un vero e proprio catalogo da lui stesso scritto, con elencate tutte le donne sedotte nel mondo: Italia, Francia, Turchia ecc… Nonostante questa scoperta, lei non intende desistere dai suoi propositi.

Qualche ora più tardi, Don Giovanni e il servo, si sono riuniti e assistono ad alcuni contadini intenti a festeggiare il matrimonio di due di loro: Zerlina e Masetto. Il nobiluomo – se così possiamo chiamarlo – decide di sedurre la neo sposina a dispetto di Masetto. Rimasti soli, la convince a seguirlo in un suo casolare in “Là ci darem la mano”… salvo che irrompe Elvira, la quale avvisa l’ingenua contadina della perfidia dell’uomo che le sta davanti e le due si allontanano. Non è proprio giornata per il nostro seduttore incallito. Entrano in scena Donna Anna e Don Ottavio, i quali chiedono l’aiuto del loro amico… ma non riescono a spiegare in merito a cosa perché ritorna Elvira che mette in guardia anche i due aristocratici sulla falsità di Don Giovanni. Quest’ultimo finge di avere a cuore questa povera pazza e di volerla seguire per evitare che si metta nei guai (o meglio, che diffonda malelingue su di lui) e se ne va. In quel punto Donna Anna è colta da un’illuminazione: è lui l’aggressore che ha tentato di abusare di lei e lo ha riconosciuto dalla voce. Finalmente, incalzata dal fidanzato, racconta la tentata violenza, rinnovando i suoi propositi di vendetta. Ottavio, ancora perplesso, vuole scoprire se è stato davvero il loro amico autore di un simile atto.

Al fine di sedurre Zerlina, Don Giovanni ordina a Leporello di organizzare una magnifica festa nel suo palazzo e di invitare tutti quanti. Per introdursi e arrestare il traditore, il trio compatto di Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira si mascherano e riescono a farsi invitare da Leporello. Durante il ballo e gli scherzi tra i convitati, il cavaliere trascina via Zerlina per farle violenza ma il tentativo viene fortunatamente sventato da Masetto e dai tre aristocratici, i quali lo denunciano apertamente davanti a tutti. Don Giovanni all’inizio cerca di far ricadere le accuse sul suo servo ma vedendo la situazione compromessa, lui e Leporello fuggono anche questa volta.

Nel secondo e ultimo atto, dopo che il nobiluomo e il suo servitore chiariscono i loro dissapori, Don Giovanni parte letteralmente in quarta con una nuova conquista: la cameriera di Donna Elvira. Poco originale verrebbe da dire, ma proseguiamo. Il nuovo piano malefico del burlatore di Siviglia (come viene denominato dal poeta Tirso de Molina) è quello di scambiarsi d’abito con Leporello per approcciarsi meglio alla cameriera. Questo stratagemma scatenerà una serie di spassosi e al contempo quasi tragici equivoci, ossia il flirt tra Leporello travestito e un’ingannata Elvira – la quale si scopre essere ancora innamorata di Don Giovanni – e le percosse subite da Masetto dal libertino in abiti da servo. Quando i personaggi principali scoprono l’ennesimo raggiro del cavaliere, ognuno ha una reazione: oltre allo stupore, Donna Anna si ritira sempre più sconsolata, Masetto è accudito da Zerlina, Donna Elvira si slancia in un’aria travagliata tra orgoglio e amore per l’ex amante, e Don Ottavio cerca di erigersi come giustiziere affermando che si sarebbe recato da chi di dovere. Ce la farà? Vedremo.

Il dissoluto e Leporello si incontrano casualmente in un cimitero, raccontandosi le rispettive avventure finché non si imbattono nella statua monumentale realizzata sulla tomba del Commendatore. Don Giovanni, sprezzante perfino della morte, ride sguaiatamente dell’inquietante incisione che v’è impressa. A quel punto la voce cavernosa dell’anima del defunto lo ammonisce. Nonostante il terrore del servo, il nobile spagnolo gli ordina di invitare la statua a cena per quella sera e quest’ultima annuisce.

Qui comincia il gran finale. Nel suo palazzo, il protagonista sta allegramente cenando, mentre un’orchestrina sul palco suona brani di altre opere (tra le quali si accenna perfino al “Non più andrai farfallone amoroso” de “Le nozze di Figaro”). Entra all’improvviso Donna Elvira, disperatamente innamorata, la quale supplica il giovane di pentirsi delle sue malefatte… ma lui ci scherza sopra suggerendole di unirsi al convito. Indignata, la ragazza fa per andarsene quando s’ode il suo urlo acutissimo e la si vede fuggire. Don Giovanni manda Leporello a vedere che accade e quando torna il servo è spaventato a morte, farfugliando di un colosso alla porta. L’aristocratico, seccato, va di persona ad accogliere la statua la quale intona il famoso: “Don Giovanni a cenar teco”. Infatti è il Commendatore ad invitare  enigmaticamente a cena, presso di lui, il dissoluto. Imperterrito e coraggiosamente spavaldo, Don Giovanni accetta e stringe la mano della statua avvertendo un gelo spettrale. Il Commendatore intima un pentimento in extremis però egli rifiuta categoricamente. A quel punto ai loro piedi si spalanca una voragine di fuoco popolata da diavoli che pregustano le torture che infliggeranno a questo peccatore impenitente, nella quale viene trascinato tra urla strazianti.

Arrivano tutti gli altri personaggi che vengono informati da uno sconvolta Leporello della sorte del suo padrone. La giustizia divina è intervenuta ben prima di quella umana e ognuno prende una via diversa: Masetto e Zerlina cominciano la loro vita assieme, Leporello cerca un padrone migliore del precedente, Donna Elvira andrà in un convento mentre Donna Anna e Don Ottavio si sposeranno tra un anno. La morale? È cantata all’unisono: “Questo è il fin di chi fa mal! E de’ perfidi la morte alla vita è sempre ugual!

Di trama lunga, complessa e dettagliata, Don Giovanni presenta talmente tanti spunti da approfondire che si ha l’imbarazzo della scelta. Ad esempio il desiderio, declinato nelle sue varianti di piaceri meramente fisici o aspirazioni di libertà individuale, in un’epoca arcaica in cui vigeva un rigido codice etico, spesso e volentieri infranto proprio da chi l’ha steso. L’istinto, quello di soddisfare il proprio edonismo o anche quello di sfidare il mondo intero; oppure la paura che si può celare nel collezionare tante conquiste amorose perché non ci si vuole sentire costretti in una scelta univoca (l’analisi del filosofo Kirkegaard è imprescindibile per comprendere questa figura al limite del mitologico). Ciò potrebbe collegarsi all’ambito psicologico, con un’analisi della malsana concezione di rapporti che ha Don Giovanni verso il mondo, ipotizzare finanche traumi passati o preconcetti personali che lo spingano a comportarsi in quel modo. L’ipotesi dell’immedesimazione di Mozart stesso nel personaggio di un giovane scapestrato e senza regole a confronto con una figura paterna imponente, quella di Leopold Mozart. Il tema della violenza – in questo caso due tentativi – aprendo così l’enorme topic dell’abuso e della riflessione sul concetto della donna. E questo sarebbe solo un assaggio. Esperti come Massimo Mila, Philip Gossett, Giovanni Bietti e moltissime altre penne esperte hanno analizzato nei dettagli questo personaggio che, paradossalmente, è affascinante.

Non solo da un punto di vista estetico, bensì come atteggiamento. In Mozart in particolare. Sebbene siamo consapevoli del fatto che sia deplorevole, che abbia atteggiamenti e approcci discutibili, per non dire malvagi, non si può fare a meno di canticchiare le sue arie, sorridere alle sue battute spavalde e sagaci, alla sua ironia dissacrante. Quando viene trascinato all’inferno un po’ dispiace: non tanto perché non debba essere punito, anzi, però si ha percezione di assistere alla dipartita di un eroe. Un eroe oscuro, che fa provare sensazioni contrastanti tra la morale e la simpatia per un uomo che, forse, non è soltanto quello che appare. Dietro a soggetti così complessi c’è una psicologia e un background altrettanto articolati e anche questo aspetto probabilmente intriga molto. Che sia il fascino del bello e dannato? Del cosiddetto bad boy? Può darsi, è uno stereotipo che da sempre fa strage di cuori. Certamente non sarebbe una relazione soddisfacente e duratura quella con un fedifrago impenitente, egoista, violento, bugiardo e assassino. Giusto per dirne qualcuna.

In conclusione, da qualsiasi punto di vista lo si voglia osservare – psicologico, drammaturgico, sociale, filosofico – Don Giovanni resterà una figura immortale che non può essere liquidata semplicemente come quella del libertino amante del vino e delle donne. Andiamo oltre la superficie, oltre la patina iniziale e sfogliamo le pagine di quest’uomo: sarà fittizio, ma quanto di umano e di reale esiste in lui!

Alcune letture consigliate per approfondire:

  • Lettura del Don Giovanni (M. Mila)
  • E Susanna non vien (L. Bentivoglio e L. Bramani)
  • Don Giovanni (J. Saramago)
  • Mozart all’opera (G. Bietti)
  • Don Giovanni (S. Kierkegaard

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