Fra le esperienze più appassionanti che possano capitare a un lettore c’è senz’altro quella di entrare, attraverso i libri, non soltanto in luoghi immaginari che concedono il divagare della fantasia, ma anche in luoghi già noti, sperimentati, filtrati però dagli occhi di un’altra epoca ormai perduta.
È ciò che accade in “Ragazzi di vita”, romanzo del 1955 di Pier Paolo Pasolini, che narra le storie di giovanissimi ragazzi delle borgate e i quartieri periferici di Roma negli anni ’50.
Al di là dell’ampio respiro culturale del romanzo, nutrito da una sentita riflessione sociale-antropologica, assume particolare interesse il ruolo assunto dalla città di Roma. È una Roma in cui l’autore arriva nel 1950 e che subito suscita in lui grande interesse: significativa è l’immagine di Pasolini che gira per la città con un taccuino, annotando le espressioni dei ragazzi romani, che spesso nemmeno capiva, tra marginalità e delinquenza. È una Roma che non c’è più: questo è chiaro fin da subito. Lo sguardo che scruta gli eventi (definito ironico da molti, ma anche questa è una chiave di lettura) trattiene con sé una profonda malinconia per una città che di lì a poco non sarà più la stessa. Il mutamento antropologico della società del suo tempo, così sottilmente descritto nel romanzo, sembra lasciare una traccia fisica, tangibile, anche nei luoghi dei protagonisti.
Del resto, la borgata di Donna Olimpia deve il suo “mito” a Pasolini, al punto che proprio lì si era pensato di porre una targa in ricordo dei “ragazzi di vita”, idea poi mai realizzata. Pasolini conosceva bene la zona: dopo aver abitato accanto al carcere di Rebibbia, prese un appartamento in affitto a Monteverde, vicino ai “grattacieli”, case popolari costruite durante il fascismo. Si capisce, per Pasolini, Roma non è soltanto un luogo in cui vivere o un’ambientazione di comodo per i suoi romanzi. È un nuovo mondo in cui viene catapultato dalle circostanze difficili del suo arrivo nel 1950, un mondo verso il quale nutre una fascinosa attrazione mista a rifiuto. È lì che nasce l’ispirazione per i suoi primi romanzi, semplicemente perché è la stessa Roma a servirgli su un piatto d’argento i soggetti delle sue rappresentazioni: e per il resto della sua vita sarà Roma il suo privilegiato punto di osservazione del mondo, dal quale maturerà tutte le più ampie riflessioni culturali, sociali, antropologiche.
Non è da tutti riuscire a coniugare uno stile basso e dialettale con la capacità, apparentemente disinvolta, di descrivere e definire lo scenario della storia nel cuore dei particolari, nell’essenza più intima di una città in bilico verso un punto di non ritorno. Una delle tante dimostrazioni del fatto che, grazie alla letteratura, i viaggi nello spazio (così come nel tempo) ci permettono di guardare i luoghi odierni da una straordinaria e multicolore varietà di punti di vista, lasciataci in eredità da tutti coloro che ne hanno scritto.
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