La storia di Suor Camilla e di come abbia investito tutta la sua vita cercando di realizzare il suo sogno, “Far sì che tutti i bambini si sentano amati”, comincia in un piccolo paesino della Brianza, Seregno, nel 1930.
Camilla Margherita Angela Tagliabue nasce il 3 maggio di quell’anno e sarà la secondogenita della famiglia, più piccola della sorella Mariuccia ma più grande di altri otto fratelli. La famiglia Tagliabue è discretamente agiata e l’infanzia di Camilla e i suoi fratelli trascorre serena fino a quando, nel 1942, la loro mamma si ammala. La situazione peggiora sempre di più, tanto che la madre, nel letto d’ospedale, sente di dover chiedere alle due figlie più grandi di prendersi cura della famiglia.
Mariuccia e Camilla fanno tutto quello che possono, dividendosi tra scuola, casa e bottega ma gli sforzi sono notevoli e Mariuccia ne risente particolarmente perché, per seguire la casa, vede il suo sogno di diventare maestra farsi sempre più difficile. Camilla si accorge della sua tristezza e decide di lasciare la scuola per prendersi sulle spalle la responsabilità dei suoi cari, permettendo così a Mariuccia di studiare. Intanto, nella sua sofferenza e ingenuità di bambina, prega per la guarigione della sua mamma e fa una promessa: “Se la mamma guarisce, Signore, lascerò la casa per te e partirò lontano”. Dopo sei mesi di ospedale la mamma, Antonietta, si rimette e torna casa.
Passa il tempo, le difficoltà hanno forgiato il carattere di Camilla che sempre più sente crescere dentro di sé la fede e, verso i diciotto anni, decide che diventare suora è la sua vocazione. Nel 1951 inizia il noviziato presso la casa salesiana di Triuggio e prosegue a Contra di Missaglia. Ma per lei ancora non basta, permeata dall’Amore di Dio e memore della promessa fatta tanti anni prima, sceglie di andare in missione. Segue i corsi di preparazione, consegue un diploma di maestra d’Asilo e di infermiera, molto duro quest’ultimo per lei, infatti le è anche capitato di scappar via urlando dalla sala operatoria in cui stava osservando un’operazione chirurgica. Ma Camilla supera tutto e viene inviata in India.
L’accoglienza che le riserva il continente indiano non è la migliore: intorno a lei c’è povertà, persone in miseria coperte solo di stracci e, nel percorso in jeep dall’aeroporto verso le sue consorelle di Madras, un ciclista taglia la strada al veicolo e il suo autista, per evitarlo, finisce contro un palo. Nessun ferito ma l’auto prende fuoco, tra la paura e l’angoscia di Camilla.
Il periodo di permanenza a Madras le insegna la cultura e qualche pratico insegnamento per resistere al clima e al territorio indiano, dopodiché riceve una nuova destinazione: Arni.
La vita è dura, le provviste sono scarse, bisogna guardarsi da scimmie e soprattutto serpenti, ma, finalmente, suor Camilla incontra la missione per cui si era preparata: trascorre il tempo con le bambine dell’internato. In una lettera ai familiari la suora esprime il desiderio di avere della stoffa per cucire dei vestiti da regalare alle sue bambine per Natale e presto dall’Italia giunge un pacco con l’occorrente per cucire cento camicette e altrettante gonne.
Il suo pellegrinaggio è ancora agli inizi: prima viene inviata a Kingford, poi, tra il 1959 e il 1960, è assistente delle novizie a Katpadi e, infine, giunge alla missione di Broadway, dove resterà per dieci anni. Dopo due anni di insegnamento torna ad assumere il ruolo da lei più amato, quello di maestra delle aspiranti e delle novizie. Nel 1965 viene nominata direttrice della missione di Madras. Si trova a dover gestire l’asilo, la scuola anglo-indiana, un’altra scuola primaria, un convitto per le bambine indiane, la formazione delle suore. Diventa sempre più un punto di riferimento, viene chiamata per aiutare a fondare una nuova comunità, nel 1981 le viene affidata la direzione del grande centro di Lonavla, dove nota le doti di sarte delle donne e, grazie ai suoi amici italiani, fa vendere in patria i loro lavori. Nasceva così una forma di sostegno a distanza che dura ancora oggi.
Suor Camilla era sempre presente per i bambini della sua comunità, non solo come guida, ma anche fisicamente. Trascorreva con loro tutti i momenti possibili, la sua sola presenza era un punto fermo e un rifugio sicuro, che andava a colmare, in parte, il vuoto lasciato dalla loro difficile condizione. I piccoli la chiamavano affettuosamente “Kamu”, nonnina. Conosceva le sue ragazze ad una ad una e con loro condivideva le fatiche ma, soprattutto, le speranze. Quando tornava a casa chiedeva agli italiani un sostegno per le situazioni più critiche “aiutatemi a farla studiare”, o “datemi una mano a sostenere la sua difficile condizione familiare”. Suor Camilla viveva per gli altri, di una generosità senza limiti non si è mai risparmiata, neppure quando la malattia, un tumore, ha cominciato ad attaccarla, portandosela via il 26 Agosto del 2004.
Camilla viene ricordata per la sua grande disponibilità, il suo sorriso, l’amore per la sua India. Georgia, la minore di quattro sorelle accolte da suor Camilla una volta diventate orfane, ormai adulta piange addolorata al suo funerale, e così tantissimi altri a cui Camilla è entrata nel cuore.
Alla morte di Suor Camilla occorreva che qualcuno si facesse carico del futuro delle sue ragazze e, con la fondamentale collaborazione delle suore di Maria Ausiliatrice della missione di Lonavla, per volontà di parenti e amici, è nata l’associazione Auxilium India che con numerosi progetti, soprattutto di adozione a distanza, prosegue l’opera di Camilla, perché il suo sogno di far “sentire amato ogni bambino” continui.
FONTI
“Che i bambini si sentano amati. Suor Camilla Tagliabue Missionaria in India 1954-2004” Testo di Sergio
Lambrugo.
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