Bruno Munari: un po’ artista, un po’ designer, un po’ illustratore, un po’ architetto, un po’ grafico, un po’ poeta…
Se è vero che solitamente chi si occupa di tante discipline non eccelle in nessuna, è altrettanto vero che c’è sempre un’eccezione a cui tocca confermare la regola. In questo caso, Bruno Munari è un’eccellente eccezione, perché è stato in grado di dare contributi fondamentali a qualsiasi settore abbia esplorato.
E sono stati parecchi.
D’altronde, ci sarà un motivo se la mostra a lui dedicata del Museo Ettore Fico di Torino si intitolava Munari Artista Totale. L’eclettico e produttivo milanese è non a caso considerato uno dei pilastri della produzione italiana dell’intero XX Secolo. Lo confermano gli innumerevoli premi e riconoscimenti conferitigli nel corso della sua carriera. Per analizzare l’operato di Munari nel campo del design serve menzionare la sua prolifica carriera da artista a tutto tondo e, soprattutto, il suo approccio spensierato e giocoso al processo di creazione. Un leitmotiv di quest’ultima riguarda il fare. Componente fondamentale dell’arte, il fare è particolarmente essenziale nella didattica di Bruno Munari e nel suo metodo “Giocare con l’Arte”, sviluppato per i bambini. Fare è necessario per capire, ed è importante dire come -e cosa- non fare. Inoltre, la sua ricerca si è sempre distinta per la forte componente sperimentale e l’originalità dalle mille forme. Per Munari, la creatività non era divisa in compartimenti stagni, ma tutti i campi dovevano invadersi a vicenda.
Perché fare sempre e solo design, d’altronde?
“La creatività opera nella memoria tramite la fantasia e l’invenzione: più cose si conoscono e più collegamenti è possibile fare.”
Bruno Munari
Munari ha disegnato moltissimi prodotti di design industriale. In particolare tra il 1935 ed il 1992 ed in particolare per Bruno Danese. Le sculture da viaggio pieghevoli, la scimmietta Zizì, la lampada Falkland…
Tutte le sue creazioni raccontano perfettamente la sua filosofia scherzosa e la sua ricerca stilistica, secondo la quale bisogna che il design riscopra l’essenziale della forma. Troppi fronzoli e troppo rigore sono dannosi per il prodotto, mentre è necessario trovare un equilibrio che riesca a dare una logica alla forma dell’oggetto.
Ovviamente, una mente così creativa e geniale non poteva che appartenere ad un precursore ed un rivoluzionario.
Come dimostra la storia del posacenere cubo. In una conferenza tenuta nel 1992 Munari ha ammesso di essersi dimenticato della funzione psicologica del posacenere. Se le persone non vedono la cenere e i mozziconi di sigaretta, non attribuiscono al cubo la funzione di posacenere. Difatti, è rimasto invenduto per un paio di anni.
Il posacenere di Munari era troppo all’avanguardia per il periodo, pur essendo nel giusto: era molto più pulito ed elegante dei tradizionali piattini, grazie al suo meccanismo che nascondeva cenere e mozziconi.
Com’è facile concludere, Bruno Munari ha lasciato un patrimonio vastissimo e di valore inestimabile al mondo del design ed a tanti altri settori, non solo oggetti tangibili ma anche tantissimi insegnamenti.