Italiani made in India: breve intervista con Aroti

Aroti è bella, ha i capelli neri come la notte, la pelle ambrata e gli occhi scuri e profondi, quando parla il suo accento è inconfondibilmente meneghino e italianissimo è il modo di gesticolare. Aroti ha l’India negli occhi e l’Italia nelle parole.

È nata in aprile a Calcutta 32 anni fa, dove ha vissuto i primi 9 anni della sua vita fino a quando insieme a Kamal, il suo fratellino, ha iniziato l’”avventura” dell’adozione in Italia. È figlia di un’adozione fallita fin da subito e di una perdita troppo precoce, un lutto difficile da superare: la morte del fratello. Ha una passione per la moda, per il cibo e per le persone. Nonostante tutto la vita sembra sorriderle e lei sembra sorridere alla vita. Ride spesso e ti guarda sempre negli occhi quando parla, è una di quelle poche persone in grado di entrare in una stanza e diventarne il centro di gravità, è magnetica.

Nel 2016 ha partecipato alla serie TV “Italiani made in India” prodotta da Discovery. Il programma le ha permesso di ritornare per la prima volta nella sua India insieme ad altri 5 compagni di viaggio. Qui Aroti ha ripercorso i sentieri della sua infanzia, ha attraversato i corridoi dell’orfanotrofio di Calcutta e sulle rive del Gange, il fiume sacro che attraversa Varanasi, ha lasciato volare via Kamal, libero.

“Ogni bambino che considerate come vostro, diventa vostro solo se date voi stessi per quel bambino”. Dale Evans

Aroti è riuscita a trasformare la sua esperienza in un dono per gli altri. Ed ora – ci dice – nonostante sia senza famiglia si occupa di famiglie, di genitori, di bambini adottivi, adulti adottati e dei loro rapporti. Mentre ne parla ride della contraddizione. Ogni giorno si ritrova a confrontarsi con istituzioni, associazioni e scuole, dove porta un po’ della sua esperienza ed un po’ della sua cultura. Aiuta a sensibilizzare chi l’ascolta sulla tematica dell’adozione distruggendo i “miti” che la nostra società ci propina. È una voce fuori campo che un po’ disturba chi non la vuol sentire.

Cos’è l’adozione? Aroti nella sua risposta sottolinea tutti i lati positivi e negativi dell’adozione, non la definisce come fenomeno unitario ma ne analizza le diverse sfaccettature.

L’adozione è una pratica antichissima. Certo è un’avventura meravigliosa ma anche un mercato, deve essere l’ultima scelta quando si è già tentato tutto il resto. Importante è la cultura del bambino, deve sempre essere tenuta a mente. I bambini non sono pacchi postali, non è con l’adozione che iniziano a vivere. Vi è un frammento di vita precedente, una mamma e un papà che li hanno messi al mondo, una storia che inizia dal primo vagito.

C’è stato un momento in cui hai cambiato visione delle cose e ciò che hai vissuto ha assunto un aspetto positivo?

La partecipazione al programma ha senza dubbio segnato un punto di svolta. Ritornare indietro è stato duro ma indispensabile. È stato come ritornare in una stanza abbandonata prima della partenza senza aver avuto il tempo di sistemarla. Ritornando ritrovi il paio di Jeans che avevi lasciato sul letto, la tazza del tè che ancora non avevi lavato. E allora ti prendi il tempo di rimettere ogni cosa al proprio posto: di riporre i jeans nel loro cassetto, di lavare la tazza che non avevi lavato, di rifare il letto. Il mio ritorno in India è stato così, mi ha permesso di risistemare ciò che avevo lasciato dietro di me.

Come vorresti che la gente ti percepisse?

–tentenna- non voglio che la gente pensi a me per il mio passato, voglio che la gente veda in me il segno di qualcosa di positivo. Sono un’adulta che coopera nel campo dell’adozione condividendo le mie conoscenze ed esperienze. Desidero che la gente pensi al lavoro che sto facendo ed ai progetti che porto avanti. Vorrei essere il simbolo che in qualsiasi modo vadano le cose è sempre possibile prendere in mano la propria vita e farne un’opera meravigliosa.

Aroti

Aroti parla instancabilmente, ride e sorride. È impossibile non ascoltarla. Stupisce quando parla di adozione, ribalta i concetti che abbiamo nella mente, ci restituisce una visione realistica e provocatoria. Decostruisce l’idea che l’adottato sia “fortunato” e le frasi più tipiche che tentano di giustificare un rapporto genitoriale non biologico.

Il 2 dicembre Aroti sarà con noi de Lo Sbuffo alla Casa dei diritti a Milano. Parlerà di sé, di adozione e del proprio libro “Ritorno alle origini: storia di un’adozione”. Sarà un pomeriggio di chiacchiere e filmati esclusivi accompagnato da sfiziosità indiane. Cosa aspetti? Sei il benvenuto.


FONTI

Intervista ad Aroti Bertelli

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