Questi sono giorni di profondo interesse per uno dei problemi che affligge la nostra società ormai da troppo, tanto tempo: abusi e violenze sulle donne. Dal caso Weinstein alle accuse mosse contro Fausto Brizzi fino a giungere alla carriera distrutta di Kevin Spacey, sorgono continuamente nuove accuse ed i giornali pullulano di vittime decise a confessare gli orrori del proprio passato. Il rispetto verso la donna è davvero ancora relativo e non, come dovrebbe, dovuto? Sull’argomento tanti pensatori, letterati e artisti hanno espresso la loro opinione attraverso le loro opere. Ne è un esempio il celebre romanzo, primo di una trilogia, di Stieg Larsson: Uomini che odiano le donne. Il successo è tale da portare ad un adattamento cinematografico di stampo svedese nel 2009 e, successivamente, uno statunitense due anni dopo con la regia di David Fincher.
Il titolo è un biglietto da visita perfetto per l’argomento centrale di questi due film. La violenza sulle donne funge da miccia per l’intera trama, è la perfetta base di appoggio delle vicende presentate nelle pellicole. Tutto parte da una coppia, il giornalista Mikael Blomkvist ed la giovane hacker Lisbeth Salander, decisi a collaborare per ritrovare una donna scomparsa. Le vittime sono le donne, i mostri sono gli uomini.
In entrambe le versioni cinematografiche è percepibile un’atmosfera lugubre, oscura e triste. Tutto ciò è teso a sottolineare la tragica vita della protagonista, soggetta al volere degli uomini che la usano come una bambola, un essere femminile che deve sottostare per natura al loro volere ed ai loro desideri.
Amore e odio, follia e desiderio, maschilismo e vendetta. Tutto questo è concentrato nella figura di Lisbeth, donna apparentemente forte ma che nasconde tutte le brutalità del suo passato dietro ai tatuaggi, i piercing e ad un abbigliamento da “dura”. La ragazza rappresenta i frutti della violenza in quanto ella stessa diventerà carnefice così come lo sono stati coloro che le hanno fatto del male. È questo, dunque, il destino di una donna violentata, umiliata che non riesce ad ottenere la giustizia dovuta? La durezza psicologica del personaggio di Lisbeth è a dir poco sconvolgente, vedere come una donna debba creare attorno a sè uno scudo per poter sopravvivere. Sopravvivere…
Nessuna donna dovrebbe semplicemente cercare di “tirare avanti”, ma vivere appieno i propri giorni senza temere che qualcuno possa approfittare della propria forza o della propria autorità per fare violenza.
Uomini che odiano le donne è un romanzo capace di analizzare in profondità questo tema così delicato e, allo stesso tempo, sempre attuale. I due film tratti da esso sono sicuramente più delle interpretazioni che delle pure trasposizioni cinematografiche e, purtroppo, non raggiungono l’alto livello di coinvolgimento e di pathos del libro. Nonostante questo, entrambe le versioni portano a galla il messaggio principale: “la violenza contro le donne è una delle più vergognose violazione dei diritti umani” (Kofi Annan).
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