Quando una persona denuncia una violenza sessuale l’autorità giudiziaria richiede ad una struttura ospedaliera di identificare tutti gli elementi che consentano di capire se sia realmente avvenuta una violenza, le modalità con cui questa sia avvenuta ed eventualmente se ci siano tracce appartenenti al responsabile. Questo tipo di accertamento non è quasi mai facile da eseguire poiché molto spesso tra l’evento e la visita ci sono dei tempi di latenza molto lunghi, che diminuiscono le probabilità di trovare tracce evidenti di quanto è presumibilmente accaduto. Inoltre, spesso, non esistono segni e sintomi che consentano di associare in modo univoco la manifestazione clinica alla violenza sessuale. Nel caso in cui il soggetto denunciante sia una donna, ad esempio, la presenza di escoriazioni e lacerazioni nel canale vaginale non è sufficiente a dimostrare che sia avvenuta una violenza, poiché questi segni potrebbero essere collegati anche a delle vaginiti o a dei traumi accidentali.
Come si svolge un esame per accertamento di violenza sessuale su una donna? – Al momento della visita sono solitamente presenti un medico, un’infermiere e una persona di fiducia della vittima. Dopo aver chiesto le modalità con cui è avvenuta l’aggressione viene effettuata la visita vera e propria, ponendo particolare attenzione alle lesioni che solitamente si rilevano quando la vittima è sottoposta all’azione violenta dell’aggressore. Tipiche sono le lesioni agli avambracci procurate da tentativi di difesa o lesioni ai polsi provocate da strumenti usati per legare le mani della vittima. Successivamente si passa all’esame obiettivo ginecologico, che ha lo scopo di valutare eventuali lesioni a carico delle zone intime. Nel caso in cui la violenza sia avvenuta su una donna vergine, viene valutata la lacerazione dell’imene che, se recente, presenta una o più incisure traumatiche con margini infiltrati di sangue. Tuttavia un imene integro non esclude la possibilità che si sia verificato il coito poiché può capitare che la membrana sia particolarmente elastica e che consenta la penetrazione senza lacerarsi. D’altro canto, l’imene può risultare lesionato anche se la donna non si è mai accoppiata. Per lasciare una traccia delle lesioni rilevate durante la visita, l’esame obiettivo viene integrato con delle prove fotografiche di quanto è stato osservato. I materiali biologici rinvenuti sui vestiti o sul corpo della paziente vengono repertati e sottoposti a prove in laboratorio per valutarne l’appartenenza. Infine viene considerata la possibilità di sviluppo di una gravidanza e di contagio di malattie infettive sessualmente trasmesse. In caso di contagio di malattie veneree l’aggressore dovrà rispondere anche del reato di lesioni colpose o dolose.
I singoli elementi che vengono evidenziati durante l’accertamento di violenza sessuale difficilmente costituiscono la prova schiacciante dell’avvenuta violenza ma vengono quasi sempre considerati all’interno di un quadro generale completato da una valutazione psicologica della vittima.