Trovare pellicole che rappresentino la complessità del tessuto sociale è abbastanza semplice, ma i titoli che analizzano a fondo i problemi della società moderna sono piuttosto scarsi.
Eppure, negli anni, si è creata gradualmente una moderata quantità di storie basate su episodi realmente accaduti o ispirati al mondo che stiamo vivendo in questi anni.
“Detachment” e “Disconnect“, pur essendo usciti da alcuni anni, raccontano proprio questo.
Detachment è un film del 2011 con Adrien Brody, che racconta la storia di Henry Barthes, un supplente di lettere alle prese con gli alunni di una scuola tra le meno rinomate d’America, in cui il disinteresse e la mancanza di rispetto verso gli insegnanti sono all’ordine del giorno. La storia è raccontata direttamente dallo stesso Barthes in un’intervista fittizia, ma alle volte sembra quasi che Adrien Brody getti la maschera e parli personalmente, inserendo riflessioni estremamente profonde. Mediante un complesso sistema di flashbacks, primi piani dei volti, fermo immagine e disegni animati su lavagne, il regista mira a raccontare la storia come una voce fuori campo, regalando numerose similitudini per chiarire situazioni che potrebbero lasciare interdetti gli spettatori.
Barthes è costantemente messo alla prova dalla vita: suo nonno, ormai anziano e reo di aver commesso atrocità contro la propria figlia, è l’unica persona che ancora gli stia a cuore. Nella classe c’è poi una ragazza, Meredith, una bravissima fotografa e artista di collage, che viene spesso derisa e umiliata dai suoi compagni di classe per via della sua obesità.
Infine, il protagonista conosce Erika, una ragazza ancora minorenne scappata di casa, costretta a prostituirsi per trovare da mangiare, a cui dà rifugio in casa sua.
In questo immenso scenario, il distacco è forse il fulcro dell’intera vicenda: in un mondo ormai allo sbando, in cui le molestie, l’odio, il disinteresse e la violenza sono costanti, gli uomini “buoni” provano un senso di arrendevolezza e gettano la spugna. Herny Barthes è invece capace di andare avanti nonostante le sue esperienze devastanti e gli schiaffi morali ricevuti dalla vita; una sorta di luce in fondo ad un tunnel troppo lungo per molti di noi.
“In quest’epoca l’immagine della donna è ridotta a un oggetto di consumo: prostitute, corpi da scopare, da picchiare, da scegliere. È l’olocausto del marketing, ogni minuto della nostra vita, 24 ore su 24, le entità del potere lavorano sodo per annientarci il cervello. E allora, per difendere la nostra identità e preservare i nostri processi mentali dall’assimilazione passiva di un mare di merdose idiozie la sola cosa è leggere, per stimolare l’immaginazione e la libertà di pensiero, e coltivare la nostra coscienza secondo il nostro sistema di credenze. Fidatevi, l’unico modo per sopravvivere è poter preservare la nostra mente!” –Herny Barthes, mentre parla ai suoi studenti
Disconnect è un film del 2012 diretto da Henry Alex Rubin che racconta il mondo del cyber-crimine moderno tramite tre storie, che vengono inevitabilmente ad intrecciarsi.
Mike è un ex poliziotto vedovo, diventato investigatore privato per trascorrere più tempo con suo figlio Jason; quest’ultimo, probabilmente per incoscienza, trascorre il suo tempo con un amico, facendo scherzi di pessimo gusto e tuffandosi nel mondo del cyberbullismo ai danni di un coetaneo più schivo e sensibile, di nome Ben. Un giorno, i due decidono di creare un profilo falso su Facebook per far credere a quel ragazzo di aver trovato una ragazza interessata a lui; in poco tempo, riescono ad ottenere immagini compromettenti su Ben, che inevitabilmente fanno il giro della scuola e dei social rendendolo il bersaglio di tutti. Non potendo sopportare questa situazione, il ragazzo tenta il suicidio ma viene salvato all’ultimo momento dalla sorella, entrando in coma. Quando Mike scopre le attività illecite del figlio, decide comunque di coprirlo, formattando il suo IPad.
Derek e Cindy, due ragazzi che hanno da poco perso la figlia, scoprono che le loro identità online sono state rubate e che il loro conto in banca è stato prosciugato. Decidono di assumere Mike per scoprire chi sia il colpevole, ma molto presto cominciano ad emergere elementi di cui i membri della coppia si erano tenuti allo scuro, vicendevolmente. Cindy aveva iniziato a sentirsi con un uomo su una chat di incontri, mentre Derek aveva scommesso il suo denaro in un casinò online, finendo in una trappola economica.
Convinti di potersi fare giustizia da soli, su iniziativa di Derek, i due decidono di affrontare il ladro, con cui iniziano una colluttazione. Solo dopo scoprono che si tratta di un’altra vittima del ladro di identità, rimanendo così privi di ogni chance di risolvere le cose.
Nina è una reporter in carriera intenzionata a smascherare il fenomeno del cyber-sesso minorile, uno scoop che le darebbe accesso ai piani alti. Tramite una video-chat conosce Kyle, uno spogliarellista minorenne che le rivela di come il suo lavoro sia un autentico business della prostituzione digitale, a cui partecipano decine di ragazze. L’FBI vorrebbe chiudere questo business e arrestare i colpevoli, ma Nina decide di salvare Kyle da questo mondo orrendo, in quanto affezionatasi a lui dopo un incontro. Egli vorrebbe abbandonare quel mestiere, ma quando scopre che Nina lo aveva circuito solo per ottenere informazioni, la abbandona.
Alla fine del film, niente si risolve. La vita di quelle persone è rovinata per sempre in un modo o nell’altro, per colpa di un sotto-mondo che diventa ogni giorno più invadente: Internet.
visione diretta
Copertina: collage delle cover
screenshot dai film