“Iovis autem in imbrem aureum conversus cum Danae concubuit, ex quo compressu natus est Perseus. Quam pater ob stuprum inclusam in arca cum Perseo in mare deiecit”
(Trad: Ma Giove, trasformato in pioggia d’oro, giacque con Danae, dal cui amplesso nacque Perseo. E a causa dello stupro il padre la gettò in mare chiusa in una cassa con Perseo)
Queste sono le parole con cui Ovidio, ne Le Metamorfosi, parla della violenza che Danae, figlia di Acrisio e Aganippe, subisce da parte di Zeus (Giove per i latini). Chiusa in una torre dal padre per evitare che la profezia degli oracoli, secondo cui il nipote lo avrebbe ucciso, si avveri, Danae viene posseduta da Zeus sotto forma di pioggia d’oro.
Questa scena viene dipinta da Klimt che riprende il mito greco al quale era particolarmente affezionato nei primi anni della sua attività. In un quadrato è dipinta la ragazza che, in posizione fetale, è penetrata dalla pioggia d’oro, visibile su un lato della tela. Il viso di Danae è quasi in estasi: bocca socchiusa, viso rilassato, i veli che le cadono dal corpo, stretti dalla mano in preda al piacere. L’aggraziata sensualità è quella tipica delle opere dell’artista austriaco, dove il compiacimento dei sensi lascia il posto all’interiorità. Klimt stesso diceva che “tutta l’arte è erotica” e, in effetti, tanti sono i rimandi alla sessualità. Oltre al passionale volto della ragazza, anche la simbologia parla da sé: dalla posizione raccolta che rinvia all’idea di maternità, così come pure i cerchi sul velo metaforicamente rimandano alle cellule femminili che si riproducono (il pittore conosceva bene le scienze che, in quel periodo, come la psicoanalisi, andavano sempre più diffondendosi). Il dipinto sembra raffigurare una scena di amore condiviso, alla quale si assiste durante tutta la sua intimità. Si accede ad una scena privata, che avviene durante il sonno: durante una notte di pioggia Zeus entra nella torre e, come in un sogno, si manifesta alla giovane donna, compiendo la violenza alla quale lei partecipa ignara. Come può una violenza sessuale essere così rappresentata? Solo perché perpetrata da un dio l’atto è meno grave?
Nella mitologia lo stupro era piuttosto frequente, soprattutto ad opera di dei o semidei. Tra i più noti del grande Zeus ricordiamo quello su Antiope, su Europa, su Elettra e su Egina. Spesso la violenza era perpetrata per puro piacere, per vendetta o per garantire una stirpe: è questo il caso delle donne rapite da eroi o re e obbligate a diventare le loro mogli. Poca attenzione, perciò, viene data alle conseguenze di questo atto che, pur trattandosi di uno stupro vero e proprio, sviene innalzato al livello di unione tra essere mortale e divinità, e per questo quasi sacra.
Al centro della violenza viene, quindi, posto l’uomo e la necessità di dover soddisfare i propri bisogni e i propri capricci. Questo accade ancora oggi se pensiamo alle ultime vicende riguardanti uomini potenti che fanno leva proprio sul loro status. D’altra parte il potere nutre l’idea di onnipotenza. E da qui il susseguirsi di denunce, mosse contro personalità importanti, che raggiungono la politica, il cinema e tutti quei luoghi dove gli uomini possono abusare del loro ruolo di leader. Atti illegali da punire. A questo proposito è stato creato un hashtag: #quellavoltache, simbolo di denuncia e altoparlante per far sentire la voce. Dal 1999 è stata proclamata una Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne (che cade il 25 novembre) per sensibilizzare la società ad un tema di grande rilevanza in passato e troppo frequente ancora oggi.