Dopo il grande successo di The Handmaid’s Tale, si aggiunge alla lista degli adattamenti dei romanzi di Margaret Atwood un’altra miniserie: L’altra Grace (Alias Grace), prodotta da Netflix è una crime story, la cui protagonista e versione dei fatti riescono però a distogliere lo sguardo dal crimine, per analizzare invece il femminile in una società completamente maschile.
Siamo nel Canada vittoriano dell’Ottocento e una giovanissima e bellissima domestica di origini irlandesi, Grace Marks, interpretata da Sarah Gadon, viene accusata di aver ucciso Thomas Kinnear, suo padrone, e l’altra domestica nonché amante di questi, Nancy Motgomery (Anna Paquin). Sottoposta a processo a soli sedici anni insieme allo stalliere di Kinnear, i due vengono dichiarati colpevoli: lui è destinato all’impaccagione, lei al manicomio e poi al penitenziario. Al momento dell’impiccagione però lo stalliere dichiarerà di essere stato convinto da Grace ad ordire l’omicidio, e che dunque in realtà è lei la mente criminale dietro a tutto. Per questo motivo viene convocato Simon Jordan, dottore americano interpretato da Edward Holcroft, cui compito è scoprire la vera natura di Grace. È una spietata assassina? È la vittima degli eventi? È una donna molto intelligente, o semplicemente una campagnola ignorante?
Quello che infatti complica le indagini non sono solo le testimonianze contraddittorie dei due imputati, ma la stessa visione che la società ha e si è creata di Grace. Non solo giornalisti e avvocati hanno creato una narrativa diversa a secondo della loro convenienza, ma negli anni siamo testimoni di come a Grace siano state attribuite caratteristiche e comportamenti che poco avevano a che fare con la sua natura, e molto con il modo in cui la vedeva una società ancora troppo patriarcale e maschilista. Questa società ha creato una Grace da incolpare, ma forse esiste un’altra Grace che dev’essere scoperta, una Grace innocente.
Per questo motivo entra appunto in scena il dottor Jordan, che diventa non solo una sorta di psicologo della ormai donna, ma a tratti quasi il suo confidente. È infatti grazie a lui che la narrazione incomincia, tramite l’escamotage del racconto a posteriori, tramite flashback, un racconto che per la prima volta è guidato interamente dalla protagonista della vicenda, senza manipolazioni esterne. Scopriamo così tutte le molestie, le situazioni scomode e l’orribile realtà di tutti i giorni di quella che era una ragazzina in un mondo dominato dagli uomini, che inevitabilmente dominavano lei.
Grazie alla narrazione in prima persona dal punto di vista della protagonista, esattamente come per The Handmaid’s Tale, non solo entriamo nella vita di Grace, ma nella sua stessa mente. Comprendiamo come lei sia stata forgiata dagli eventi e dalla repressione di quelli che, spesso, erano esperienze orribili. Per questo motivo è evidente l’importanza capitale di presentare una storia simile al pubblico attuale.
Una storia con al centro una donna sottomessa al potere di quelli che anacronisticamente potremmo chiamare media e degli avvocati; in generale degli altri che ne hanno creato una visione alternativa che minava la ricerca della verità. Questo è uno scenario che non sembra così lontano dal trattamento che molte donne denunciano oggi. Infatti, una volta dichiarato l’atto orribile, che sia una semplice molestia o addirittura stupro, la donna viene scrutinata in ogni suo minimo comportamento, e tutta la sua vita viene analizzata per provare che la sua versione sia davvero plausibile o meno. Di fronte dunque a due versioni di uno stesso fatto, è quella della donna ad essere indagata più approfonditamente.
La realtà ottocentesca di Grace, in cui una donna non valeva nulla e la sua testimonianza ancora di meno, non è così lontana dalla realtà distopica della futura Gilead di Diffred, ed è ancora vicinissima al quel mondo che amiamo chiamare paritario. Perché alla fine non importa scoprire se Grace sia davvero l’acclamata assassina che tutti sostengono sia: grazie anche alla sublime interpretazione di Gadon (di cui risentiremo parlare in stagione Emmy) l’unica cosa che davvero importa è la versione di Grace, vera o falsa che sia.
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