È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di usare Google come “sostituto” del proprio medico, cercando i sintomi di una malattia, rimedi naturali per far sparire un fastidio o come curare una ferita. E tutti siamo stati testimoni di come le informazioni mediche trovate sul web possano essere di discutibile attendibilità, quando abbiamo scoperto che quel forte mal di testa che avevamo era dovuto al troppo stress e non, come ci aveva giurato il sito, ad una massa tumorale che stava crescendo nel nostro cervello.
Nonostante questo, del web continuiamo a fidarci, specialmente dei siti che ci compaiono più in alto nel motore di ricerca e che quindi hanno una maggiore frequentazione. Ci ispirano fiducia. L’1% di tutte le ricerche mondiali sul web riguardano l’ambito medico. Una percentuale che può sembrare irrisoria, ma non lo è se si prova a quantificarla, tenendo conto del numero di utenti che accedono ad internet ogni giorno.
E se per noi può essere d’aiuto cercare come curare il mal di gola all’indomani di un concerto, Google può, in casi più seri, diventare un punto di riferimento, una vera e propria risorsa per chi è in difficoltà e non ha la forza di chiedere aiuto all’esterno. Mi riferisco, ovviamente, alle persone affette da disturbi depressivi.
Raccogliendo questi e altri dati, Google ha scoperto che almeno 1 americano su 5 ha sofferto di depressione clinica nella sua vita, ma solo il 50% di chi aveva bisogno si è rivolto ad uno specialista, spesso con anni di ritardo rispetto all’insorgere della malattia. Ha quindi deciso di creare, in collaborazione con la NAMI (National Alliance on Mental Illness) un questionario accessibile online (Patient Health Questionnaire-9) che può essere utilizzato anche dai medici per diagnosticare una depressione e tiene conto di parametri come “difficoltà a concentrarsi sulle cose, fare pensieri negativi su di sé, ritenere di essere un fallimento”. Mary Gilbert, CEO della NAMI, spera in questo modo di aumentare la consapevolezza delle persone riguardo alla propria malattia in modo da spingerle a consultare un medico.
Questo potrebbe senza dubbio rivelarsi uno strumento utile, soprattutto se perfezionato ed esteso a tutti (al momento è accessibile solo negli USA, da dispositivo mobile, ovviamente in lingua inglese) anche se, escludendo scenari distopici alla Black Mirror, è veramente inquietante la quantità di dati riguardanti ognuno di noi di cui Google può entrare in possesso quotidianamente e che usa, quotidianamente per guadagnare.