Dal 21 ottobre al 28 gennaio 2018 la galleria Forma Meravigli di Milano ospita la mostra Kuwait. Un deserto in fiamme, con le fotografie di Sebastião Salgado. In mostra viene esibito il reportage sullo spegnimento di oltre seicento pozzi petroliferi incendiati alla fine della prima guerra del Golfo dai soldati iracheni in ritirata dal Kuwait, con lo scopo di ostacolare l’avanzata della coalizione militare guidata dall’esercito americano. Si tratta di trentaquattro immagini che documentano in maniera eccezionale quello che viene considerato uno dei più gravi disastri ecologici del secolo scorso. La mostra, a cura di Lélia Wanick Salgado, moglie del fotografo, viene realizzata ventisei anni dopo i fatti.
In seguito all’incendio dei pozzi del Kuwait nel 1991, vengono chiamate quattro compagnie internazionali composte da pompieri e tecnici specializzati per fermare l’espulsione di olio dai pozzi e spegnere gli incendi. Salgado, fotografo che non lavora quasi mai su commissione, coglie da subito la gravità dell’evento e decide di recarsi in Kuwait, trovandosi davanti quello che lui stesso ricorda come un inferno: imponenti colonne di fiamme, fitte coltri di fumo e uno scuro mare di petrolio ricoprono non solo il deserto, ma anche tutti i lavoratori intenti a limitare i danni della catastrofe. Sono appunto i ritratti di questi uomini quelli che Salgado sceglie per comunicare sia la devastazione che il sacrificio di centinaia di uomini, sottoposti a pericoli e inquinamento, causati dallo scoppio dei pozzi. Sono uomini devastati dalla stanchezza provocata dallo sforzo fisico e dalle alte temperature sprigionate dalle fiamme, che però riescono a trovare qualche spensierato momento di svago nelle lunghe giornate sotto il sole cocente del Kuwait. L’interesse del fotografo brasiliano per la classe lavoratrice ha origine dai suoi studi di economia, che gli hanno consentito di imparare a guardare, contestualizzare, comprendere e sintetizzare tramite il mezzo fotografico. Inoltre, Salgado pensa la fotografia come testimonianze della storia e specchio della società, con lo scopo di comprendere il mondo e raccontarlo. I lavoratori vengono quindi intesi come fautori dello sviluppo della nostra società, per questo è importante raccontare di loro e documentare la loro attività.
Le fotografie in mostra mantengono la carica estetica tipica dello stile di Salgado anche per documentare quella che lui stesso, abituato a girare il mondo per documentarne anche i drammi, ha riconosciuto come la catastrofe ambientale più grave mai vista. Il bianco e nero tipico degli scatti di Sebastião Salgado conferisce alle immagini un’atmosfera infernale, apocalittica. Le fiamme che si sprigionano dai pozzi sono abbaglianti e incandescenti, in contrasto con il mantello di petrolio che rende scura e pesante anche l’aria. Il fotografo brasiliano utilizza il bianco e nero per evitare che i colori prendano il sopravvento sui soggetti, sulla storia delle persone. Inoltre, chi guarda questo tipo di fotografie, deve fare un maggiore sforzo per comprenderle: l’interazione tra immagine e spettatore è molto forte e prolungata.
FONTI
Intervista pubblica al fotografo durante l’inaugurazione
Visita alla mostra da parte dell’autrice
CREDITS
Copertina (foto dell’autrice)
Immagine 1 (foto dell’autrice)
Immagine 2 (foto dell’autrice)