Avete capito bene: Erasmus a Varsavia, capitale della Polonia. Prima di partire le aspettative che avevo di questo paese erano, a dire la verità, abbastanza basse; ma una volta arrivata qui mi sono completamente ricreduta: servizi ottimi, soprattutto per quanto riguarda i trasporti, pulizia ovunque e sicurezza altissima – pensare che una sera ho preso la metro da sola alle 3.00 di notte e non avevo per niente paura, cosa che invece a Milano non potrei mai fare nemmeno alle 22.00!
L’unica cosa che ho notato sin da subito è la generale scortesia nei confronti dei turisti. Se vai al supermercato o al fruttivendolo sotto casa e non parli polacco i commessi ti guardano male e non cercano di aiutarti mentre stai cercando di comunicare con loro in inglese.
Ovviamente questo non capita sempre: a volte nei ristoranti puoi trovare camerieri disponibili e cordiali dato che sono abituati ai turisti, ma questo comportamento è comunque molto comune.
La cosa che mi ha lasciato totalmente senza parole è stato quello che è successo l’11 Novembre. Forse non tutti lo sanno ma questa data corrisponde con la festa nazionale polacca dovuta alla celebrazione della creazione della Seconda Repubblica di Polonia nel 1918, dopo la fine della prima guerra mondiale quando la Polonia tornò ad essere un’unica nazione.
All’inizio ero molto contenta perché questa celebrazione capitava proprio il weekend in cui il mio ragazzo sarebbe venuto a trovarmi qui a Varsavia, ma presto mi sono ricreduta. Parlando di questo con le due ragazze polacche che vivono con me, non hanno aspettato un attimo a mettermi in guardia da quello che in realtà sarebbe successo durante questa festa.
Le loro prime parole sono state “Dovete stare attenti a uscire di casa sabato. Sarà molto pericoloso perché ci saranno manifestazioni violente nei punti più importanti della città”.
A causa di questo loro consiglio, ho deciso di trascorrere la giornata dell’11 novembre fuori dal centro, andando in zone distanti dai punti “più a rischio” di manifestazioni violente. Però mai mi sarei immaginata che succedesse quello che ho letto sui giornali il giorno seguente.
La mattina dell’11 novembre, appena uscita dalla casa affittata per il weekend in centro città, ho notato subito un clima molto freddo: anche se la gente accorreva verso il Palazzo della Cultura con bandiere della Polonia e sciarpe bianco rosse, non ho percepito un forte clima di festa.
Molte persone avevano legate al braccio fasce richiamanti i colori della bandiera e con disegnata una P, ma vedendole mi hanno ricordato moltissimo lo stile delle fasce naziste con la svastica – però magari sono solo esagerata io!
Le camionette della polizia erano ovunque e le strade principali erano tutte bloccate per la parata che si sarebbe svolta nel pomeriggio.
Però, anche al di fuori della zona a rischio, nel pomeriggio ho continuato a sentire ininterrottamente botti e sirene, ma solo il mattino dopo mi sono resa conto di quello che era successo.
Infatti, una volta aperta la bacheca di Facebook, sono stati moltissimi i link di articoli che mi sono comparsi riguardanti quello che era successo a Varsavia.
Circa sessantamila nazionalisti – polacchi e non – hanno sfilato per le vie più importanti della città cantando cori e mostrando cartelli con scritte razziste.
“Polonia bianca, Polonia pura” oppure “Europa bianca di nazioni fraterne”: tutti slogan anti-europei che sostenevano il fatto che il governo polacco ha rifiutato la richiesta dell’UE di ospitare migranti provenienti dal nord Africa.
Questo tipo di manifestazione è possibile anche perché il partito di estrema destra Diritto e Giustizia (Pis) attualmente al governo non interviene molto durante questa, cosa che prima del 2015 succedeva spesso.
Addirittura il Guardian ha scritto che TVP, emittente televisiva polacca, ha fatto riferimento ad una “grande marcia di patrioti” poiché in questo particolare evento le persone cercano solo di esprimere il loro grande amore per la Polonia e per il loro governo, attraverso questi slogan e i cori e, se necessaria, anche attraverso l’uso della violenza. TVP ha però aggiunto che non si tratta di estremismo.
La cosa che mi ha lasciato maggiormente basita è che moltissimi giovani hanno partecipato a questa manifestazione.
Io, studentessa ventenne, sto vivendo e studiando in questo paese grazie al programma dell’unione europea Erasmus+ e mi piace davvero tanto perché trovo che tutto sia organizzato nel migliore dei modi, molto pulito e con moltissime opportunità ed offerte anche per gli studenti internazionali come me.
Però, in quanto studentessa di questo progetto, il cui obiettivo è aprire la mente di noi studenti, mettendoci a diretto contatto con persone di paesi e culture diverse ed imparando ad accettarci a vicenda senza nessun tipo di discriminazione, sapere che in questo paese ci sono manifestazioni di un calibro così ampio portanti queste idee mi fa male, ed anche tanto.