Speak – Le parole non dette (Giunti, 2009) è un libro di Laurie Halse Anderson – classe 1961, scrittrice che vanta già 25 libri e numerosi riconoscimenti letterari.
Melinda Sordino, la protagonista, è alle soglie del suo primo anno di liceo e già è consapevole di essere un’emarginata: infatti, dopo aver rovinato a tutti la precedente festa di fine anno scolastico chiamando gli sbirri, ha perso tutte le amiche e deve sorbirsi le pesanti occhiatacce da parte degli altri studenti.
In realtà, il gesto di Melinda era stato dettato da un grave episodio da lei subito proprio durante quella festa, ossia una violenza sessuale mentre era ubriaca.
È un segreto di cui si sente fortemente in colpa e che non riesce a rivelare a nessuno, sebbene le pesi dentro come un macigno e le squarci l’anima come un coltello giorno dopo giorno.
Così Melinda è isolata e si isola da tutti, chiudendosi in un ostinato mutismo e in una profonda depressione, di cui fa spese sia il suo rendimento scolastico sia il suo rapporto con i genitori, che già partiva da basi non ottimali.
Attraverso parole connotate da una vena amaramente ironica, il lettore è così guidato nella sua vita, nella vita di un’adolescente che, suo malgrado, è costretta a subire le angherie e il disprezzo da parte dei compagni e dei professori e che quindi sembra segnata in negativo già dal principio.
Melinda vorrebbe parlare, Melinda vorrebbe raccontare tutto alla sua ex migliore amica che adesso le volta le spalle, Melinda vorrebbe poter cercare di avere un legame più sereno con i suoi genitori.
Ma non ce la fa, non riesce, perché il pensiero di quella notte le ritorna impetuoso nella mente e le fa formare un groppo in gola mozzandole il respiro, e allora si rassegna ad essere preda e vittima di quelle fastidiose voci su di lei che serpeggiano ormai nell’intera scuola.
Nel corso del libro, però, si assiste ad un percorso di rinascita e di formazione di Melinda: piano piano riesce a comunicare in modo indiretto, mediante scritte anonime sui bagni, intimando di stare alla larga dal ragazzo che l’ha violentata. Altre persone rispondono all’appello e lei non si sente più sola, trovando finalmente la forza di reagire e di ricrescere, compiendo dentro di sé quell’atto di potatura che ha visto compiere da un giardiniere. Perché potare un albero non significa abbatterlo, ma significa anzi salvarlo tagliandone via le parti malate che erano già morte da tempo.
E giunge così il momento del riscatto personale. Melinda ricomincia a sentirsi felice, ritrovando sé stessa e riacquisendo un’armonia con i genitori: dopo un’ultima lotta contro il mostro, riesce finalmente a sentirsi libera e a raccontare tutto. Riesce a dare vita a quell’albero che il signor Freeman, l’insegnante di Educazione Artistica, le aveva commissionato come progetto all’inizio dell’anno scolastico, e che lei non era proprio in grado di far animare. Senza sapere che, in realtà, proprio quell’albero era il suo alter ego.
Non a caso questo libro è stato considerato uno dei romanzi cult della generazione Y: in effetti, grazie ad una scrittura scorrevole ma incisiva, mette alla luce un episodio purtroppo potenzialmente veritiero, raccontato dal formidabile punto di vista di chi ha subito la violenza, così da captare il lato fragile e il lato forte di questa vittima che alla fine è doppiamente vittima – vittima dello stupratore e vittima delle proprie paure – e poi doppiamente vincitrice.
Un libro che potrebbe servire in primis agli adolescenti come stimolo a denunciare qualsiasi episodio di molestia o violenza, ma anche agli altri come insegnamento a non giudicare una persona soltanto da presunte voci che corrono bensì ad avvicinarsi a lei, a comprenderla, ad ascoltarla e ad aiutarla.
Speak. Le Parole non dette, Laurie Halse Anderson, Giunti, 2004