Correva l’anno 1986 quando sugli scaffali delle librerie compariva It, romanzo scritto dall’uomo che è stato universalmente riconosciuto come il maestro del brivido: Stephen King. Spesso considerato il capolavoro dello scrittore statunitense, il libro narra delle misteriose sparizioni di bambini che affliggono la città di Derry, nel Maine. Il responsabile di queste azioni si svela essere un’entità maligna dall’età millenaria. Un essere astratto più che un qualcosa di fisico, che tuttavia è solito assumere la forma di un pagliaccio dallo sguardo perverso e dagli abiti logori e inquietanti e che si fa chiamare con il nome di “Pennywise il clown danzante”. Nonostante questo aspetto ricorrente, è importante ricordare come Pennywise, o It (nome utilizzato dai protagonisti per identificare il loro nemico) abbia la capacità di plasmare e mutare la propria forma, così come anche il mondo fisico che lo circonda.
I protagonisti, un piccolo gruppo di sei ragazzi ed una ragazza che costituiscono il cosiddetto “club dei Perdenti”, dovranno contemporaneamente affrontare il difficile passaggio dall’età della fanciullezza e le apparizioni sempre più soffocanti di Pennywise, risvegliatosi dopo l’abituale ciclo di ventisette anni per nutrirsi dei bambini della città di Derry. La lotta contro il clown si estende lungo due linee temporali differenti, seguendo le gesta degli stessi protagonisti prima nella loro gioventù e, successivamente, durante l’età adulta, per affrontare il ritorno di It a seguito del suo nuovo risveglio.
Dopo l’enorme successo ottenuto dal romanzo, probabilmente il più noto e letto di King, era solo questione di tempo prima che anche il grande schermo decidesse di girare una versione cinematografica di It, per conquistare il favore (e infestare gli incubi) di tutti coloro che ancora non avevano avuto la possibilità di amare il club dei Perdenti e di temere le sadica follia del clown danzante. Nasce così nel 1990 una miniserie televisiva di sole due puntate dirette da Tommy Lee Wallace, il cui obiettivo sembra essere perfettamente raggiunto: tanto chi conosceva il romanzo, quanto chi ancora non aveva avuto la possibilità (o il coraggio) di affrontarne l’imponente lettura, ha avuto indelebilmente incisa nella mente la terrificante comicità di Pennywise e le avventure dei giovani della città di Derry. Accompagnata da un grandissimo successo, la miniserie ha visto il plauso tanto della critica quanto del pubblico, fatta eccezione per alcune critiche rivolte al distacco dal romanzo di King, scelte tuttavia ben oculate data l’impossibilità di trasferire l’enorme complessità del libro nei due episodi del 1990.
Passano gli anni, gli incubi che vedono un pagliaccio dalle movenze inquietanti sembrano acquietarsi, e l’immaginario collettivo degli spettatori cinematografici si riempie di altri nemici, altri mostri, altri incubi… almeno fino all’anno 2017, quando il regista Andrés Muschietti proietta nelle sale il primo capitolo della sua nuova versione di It, già assicurando che il secondo capitolo sarà disponibile nel 2019. Ciò che diventa necessario chiedersi è se questa nuova visione del romanzo di King, sopratutto dopo il successo della serie targata Wallace, riesca ad uscire salva dall’ovvio confronto a cui è inevitabilmente soggetta, tanto con il capolavoro cartaceo quanto con l’ottimo lavoro fatto su pellicola.
Sebbene fossi profondamente scettico, posso felicemente confermare l’ottima riuscita di It: chapter one, del 2017. Interpretato dall’abilissimo Bill Skarsgard, Pennywise, spogliatosi dei vecchi abiti e fattosi bello per l’occasione, non lascia rimpiangere nemmeno per un secondo la sua omonima versione del 1990, e anzi torna fresco e vincente a popolare gli incubi prima dei giovani Perdenti, e poi di tutto il pubblico cinematografico. Gli sguardi inquietanti, le movenze innaturali, le sfigurate mutazioni, le risate malefiche, i dialoghi folli: nulla di tutto questo ha perso il vecchio bagliore, e It torna a farsi non soltanto nemico della vicenda, ma anche metafora delle paure dei giovani, come anche delle loro difficoltà adolescenziali.
Andando oltre alla figura di Pennywise, è possibile notare come ogni dettaglio sia stato curato ma, sopratutto, rispettato. L’atmosfera degli anni ‘80 colora ogni sequenza del film, tutti i personaggi vengono caratterizzati a dovere e vengono fatti muovere dentro una città che vive e respira con loro e, allo stesso tempo, nasconde dei marci segreti. Il film riesce ad alternare felicemente momenti da dramma adolescenziale, caratterizzati dalle immancabili lotte contro i bulli del paese, dai primi baci, dagli incontri con gli amici, con scene dai toni potentemente orrorifici che non mancheranno da un lato di far saltare sulla sedia lo spettatore, dall’altro di farlo lentamente scivolare in un clima sempre più teso e, al tempo stesso, di farlo incuriosire e spaventare per il suo desiderio di continuare la visione.