L’avvento della cultura cristiana portò con sé grandi novità nel campo del pensiero, rivoluzionando la visione che gli uomini avevano della storia e del mondo.
Il mondo antico era solito concepire la storia dell’umanità come un processo di progressiva degradazione: da un’originaria “età dell’oro” si era infatti passati a periodi più oscuri, dove l’armonia degli albori della civiltà era stata rimpiazzata dal caos; in alcune dottrine filosofiche, come ad esempio quella stoica, era previsto un periodico ritorno alle origini attraverso una rigenerazione, e in tal modo veniva a costituirsi un andamento ciclico di degradazione e rinascita. Il racconto della storia dell’uomo attribuiva i più alti valori e le migliori virtù a un passato intriso di senso di nostalgia, rispetto al quale al presente toccava lo stadio di copia impura e deformata. Come è possibile comprendere, questa visione della storia dell’uomo era intimamente conservatrice, in particolar modo dal punto di vista politico, in quanto ogni aspetto di novità rispetto all’assetto originario implicava un peggioramento ontologico e assiologico.
Alla visione classica, che, come si è detto, era ciclica e negativa, il cristianesimo contrapponeva invece una visione della storia lineare e positiva. Secondo l’idea cristiana, la storia dell’umanità, e prima ancora di essa la storia del mondo, hanno un punto di inizio ben definito, la creazione, e un punto di conclusione, il giudizio finale, momento in cui Cristo farà ritorno sulla terra e giudicherà i vivi e i morti, vincolandoli alla condizione di beati o dannati per l’eternità. La storia che viene riportata dalla Bibbia non è una storia di degenerazione, ma, al contrario, di salvezza: pur essendo avvenuta un’antica caduta dalla condizione di beatitudine originaria per il peccato commesso da Adamo ed Eva, l’incarnazione e il sacrificio di Cristo hanno permesso la redenzione del genere umano.
Tale concezione teologica della storia, assente nel mondo antico, è feconda di alcune conseguenze molto interessanti. In primo luogo, la storia dell’uomo non appare guidata dal caso, e nemmeno indirizzata dalle azioni e dalle scelte compiute degli uomini stessi: essa segue un disegno di Dio, che l’uomo, per la sua limitatezza, può comprendere solo nella sua visione generale, ma non nei particolari. In secondo luogo, esistendo un Dio unico ed essendo unica la vera fede per tutti gli uomini, è possibile disegnare una storia universale dell’umanità, e non limitandosi alla parzialità di scrivere una storia di singoli popoli o eventi. Infine, la storia appare come tutta conoscibile, non soltanto nella dimensione temporale del passato, ma anche per quella che riguarda il futuro, nella sua conclusione ultima, ossia nel giudizio universale.
M. MONTANARI, Storia medievale, Laterza
G. SERGI, L’idea di Medioevo: fra storia e senso comune, Roma, Donzelli, 2005