Ormai si sa, è entrato a fare parte dei luoghi comuni dell’”italiano medio”, avvezzo ad appellativi poco pregevoli e, al contrario, accusatori e in un certo qual modo denigratori. E’ lo scenario collettivo dell’Italia danneggiata, che non funziona, ma nel cui immaginario si trova spazio per la solidarietà, la vicinanza e la sensibilità delle persone, non sorde e indifferenti alle catastrofi che, negli ultimi anni, stanno affiggendo luoghi preziosi del nostro Paese. Questo senso di partecipazione si traduce nei contributi raccolti tramite l’invio di sms o chiamate dal telefono fisso, i quali, automaticamente, raccolgono soldi per un quantitativo di 2-5 euro per messaggio o chiamata effettuata. Insomma, un importante aiuto, accolto calorosamente da ogni parte di Italia come dimostrano i milioni di euro raccolti. Eppure, anche quando sembra che tutto stia procedendo per il verso giusto, la percezione sulla pelle di un vento controcorrente e dall’aria di minaccia si abbatte nuovamente su questa terra, facendola ancora tremare di corruzione e scandalo. Dunque, la domanda sorge spontanea: dove vanno a confluire i soldi ricavati tramite la telefonia mobile? E che uso ne fa chi li controlla?
I casi posti sotto accusa sono molti, e non sono bastate le polemiche iniziate nel 2012 per porre tempestivamente rimedio agli eventi più recenti che hanno colpito il centro-Italia.
Una prima tempesta si è scagliata contro il caso di Genova, colpita duramente da un’alluvione nel 2012. Le risposte date all’interrogativo riguardante la fine dei soldi ricevuti sono state evanescenti e per nulla soddisfacenti, ricorrendo, da parte degli accusati, ad imputazioni di responsabilità verso le compagnie telefoniche che hanno partecipato a questa iniziativa di raccolta fondi. Il sospetto, dunque, è che questi soldi siano stati confiscati dal Governo per altre spese, o, ancora, divisi tra diverse Regioni per far fronte a versamenti e pagamenti.
Ma il 2012 non ha visto attraversare le sue stagioni dalla sola problematica legata alla raccolta soldi per gli alluvionati. Al contrario, un altro grande boato ha destabilizzato il suo andamento costante e lineare. Era il 29 maggio quando l’animo degli italiani si è scaldato per inviare sostegno e contributo ai terremotati emiliani. La crisi che in quello stesso periodo stava entrando in numerose case non ha arrestato l’invio di soldi che, ancora una volta, hanno raggiunto i 10 milioni. I tempi, però, si sono rivelati più lunghi del previsto, nonostante la necessità di sostegno e vicinanza a tutte le persone colpite. Diversa si è rivelata la durata dell’arrivo alle casse della Protezione civile a seconda dei tipi di versamenti: più lunghi se fatti tramite telefono fisso, immediati tramite sms. Un fatto, purtroppo, si è svelato chiaro e trasparente fin da subito: questi soldi non erano (e non sono) destinati a confluire nelle case degli stessi terremotati.
Ma l’avidità e l’ombra del dubbio non si è placata, ed eccoci proiettati nel 2016 con il tornado della Riviera del Brenta. A un anno e mezzo del tragico evento i soldi ricavati per una somma pari a 450 mila euro non sono stati ancora usati, questo perché, secondo la legge Monti, i soldi raccolti tramite l’invio di sms e telefonate possono essere usati per il ripristino di opere pubbliche rovinate dalle calamità naturali. Il fronte politico, però, si spacca in due: da un lato la comprensione verso il non poter utilizzare i soldi raccolti per i privati; dall’altra, invece, si sottolinea l’intento della raccolta fondi, basato sul dare aiuto alle famiglie e alle imprese, le quali, però, non hanno ancora potuto godere e beneficiare della grande solidarietà italiana.
L’episodio che ha riacceso gli animi degli italiani, e di conseguenza dei giornalisti, è stato, in ultima analisi, la polemica sollevata lo scorso 23 settembre sulla fine dei soldi raccolti per Amatrice e le zone duramente colpite dal terremoto. Questa volta la somma ottenuta ha raggiunto la cifra di 33 milioni, un quantitativo tale da sbalordire chiunque, e in grado di far pensare ad una reale ed efficace ricostruzione e rinascita. Ma come ormai siamo abituati, meschinità e truffa sono vizi insidiati nella terra, e così ecco che la Procura di Rieti, insospettita, ha chiesto un incontro con i sindaco di Amatrice per interrogarlo sulla natura delle donazioni e il loro “attracco”. La luce puntata sui progetti proposti, però, è tutt’altro che chiara e rassicurante: piste ciclabili o edilizia scolastica in aree non colpite dalle lunghe e insidiose scosse. Alle accuse di scandalo mosse da parte del sindaco di Amatrice contro la gestione fondi, la Protezione civile ha ribadito che i soldi donati non sono spariti. E così, in difesa per le calunnie a loro associate, è intervenuto anche l’Ufficio speciale ricostruzione del Lazio, spiegando con fermezza le cause delle opere edilizie realizzate nelle scuole: assicurare la sicurezza a alunni e insegnanti, in quanto le aree di Accumoli e Amatrice erano già coperte per le spese degli edifici scolastici.
Ma per quanto ancora dovremo veder tempestate le testate dei nostri quotidiani di notizie legate alla mala gestione dei soldi e alla corruzione?
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