Il 9 marzo 1973 un fatto terribile sconvolge la vita di Franca Rame, la brillante moglie di Dario Fo: la donna viene caricata su un furgoncino da cinque neofascisti, sfregiata con delle lamette, bruciata con sigarette accese e stuprata ripetutamente, per poi essere abbandonata in strada mezza nuda. Si tratta di uno stupro punitivo, in quanto Franca doveva pagare per aver partecipato a Soccorso Rosso e per essersi esposta sul caso Pinelli; la scelta di colpire la vittima con lo stupro fu particolarmente spregevole perché Franca Rame è stata punita in quanto donna, con il più brutale dei crimini.
Il fatto viene denunciato, ma i giornali riportarono un semplice caso di aggressione e non menzionarono lo stupro. Il Giorno scrive due giorni dopo l’accaduto, il 10 marzo 1973: “Un commando fascista ha sequestrato l’attrice Franca Rame, costringendola a salire su un furgoncino dove è stata pesantemente percossa”. Nemmeno L’Unità riporta la verità: “Milano: Franca Rame sequestrata, percossa e gettata dall’auto”. Il giornale del PCI racconta di “pugni, graffi e schiaffi”.
Siamo in un periodo storico in cui non si parla volentieri di violenza sessuale, le vittime vengono colpevolizzate dell’aggressione subita e si tende a mettere tutto a tacere. Franca Rame però decide di ribellarsi, raccontando pubblicamente la sua storia in un monologo agghiacciante chiamato Lo stupro, inserito nello spettacolo Tutta casa, letto e chiesa del 1975. Inizialmente l’autrice non rivela di essere la protagonista del monologo e racconta di essersi ispirata ad una testimonianza tratta da Quotidiano donna, successivamente invece ammetterà la verità, dimostrando una straordinaria forza interiore e schierandosi apertamente contro lo stupro e la violenza sulle donne.
Il monologo non è particolarmente lungo, in un video disponibile su Youtube dura appena otto minuti. I costumi di scena sono abiti molto semplici, appartenenti al quotidiano, la scenografia è composta da uno sfondo nero e una sedia su cui Franca si sdraia supina ed inizia a raccontare, senza omettere nessuno degli squallidi e agghiaccianti particolari che hanno caratterizzato la sua esperienza. Alcune ragazze in sala svengono. Il monologo è un successo, negli anni Ottanta fu trasmesso anche in Rai di fronte a milioni di persone.
“Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature… Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si danno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola. Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena. Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.”
Alcuni carabinieri, quando vennero a sapere dell’accaduto, gioirono, in particolare il generale Palumbo, comandante della divisione Pastrengo e in seguito comparso nell’elenco degli iscritti della Loggia P2. Racconta Nicolò Bozzo, che sarebbe diventato stretto collaboratore di Carlo Alberto dalla Chiesa e che all’epoca era in servizio alla Pastrengo: «Arrivò la notizia del sequestro e dello stupro di Franca Rame. Per me fu un colpo, lo vissi come una sconfitta della giustizia. Ma tra i miei superiori ci fu chi reagì in modo esattamente opposto. Era tutto contento. “Era ora”, diceva. […] Era il più alto in grado: il comandante della “Pastrengo”, il generale Giovanni Battista Palumbo. […] Allora io vissi quella reazione di Palumbo solo come una manifestazione di cattivo gusto. Credevo che il generale fosse piacevolmente sorpreso della notizia, nulla di più. D’altronde Palumbo era un personaggio particolare, era stato nella Repubblica Sociale, poi era passato con i partigiani appena prima della Liberazione. Non faceva mistero delle sue idee di destra. E alla “Pastrengo”, sotto il suo comando, circolavano personaggi dell’estrema destra, erano di casa quelli della “maggioranza silenziosa” come l’avvocato Degli Occhi».
E’ probabile che i mandanti dello stupro fossero proprio dei carabinieri. I colpevoli del reato non furono mai individuati. Dopo venticinque anni dal fatto, quando ormai il crimine era caduto in prescrizione, un pentito fece dei nomi, ma ormai non era più possibile fare nulla.
Franca per tutta la vita si batté contro la violenza sulle donne sia da parte degli stupratori, sia ad opera della giustizia. Nella presentazione de Lo stupro Franca riporta un estratto di un interrogatorio in cui gli specialisti del caso pongono alla vittima delle domande raccapriccianti. Si ipotizza infatti che la donna abbia goduto durante il rapporto, che abbia partecipato attivamente al rapporto sessuale, che fosse contenta di ricevere le attenzioni di così tanti uomini, che si fosse bagnata e abbia emesso mugolii di piacere, che abbia raggiunto l’orgasmo, anche più volte. Non viene specificato se tale interrogatorio sia ispirato all’esperienza di Franca Rame o a quella di un’altra donna.
A quattro anni dalla sua morte, ricordiamo Franca Rame come una grande attrice e una persona dalla forza straordinaria. Le sue opere teatrali non saranno dimenticate.
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