Corriamo sul crinale dell’esistenza
soggiogati e spinti da
ambizioni sbagliate.
Come il mare, quando imita il cielo.
Come la luna, in imbarazzo davanti al sole.
Come il lago, con i suoi desideri di immensità.
Come me, quando cerco di diventare una versione migliore di me stessa.
Che poi non sarei io, ma un’altra.
Essere vivi sembra un estremismo.
È ambizione, slancio, frenesia, successo.
Oppure è fallimento, miseria, oppressione.
Ma molto più spesso,
essere vivi,
significa dover morire.
Allora dove trovare
il senso della corsa o della stasi?
Della rinuncia o dell’ostinazione.
In un modesto giardino del retro,
nel fiore
se è figlio del cemento,
proprio in quel giorno
che ora non riesci a ricordare.
Nelle cose che occupano un posto casuale nel mondo
ma che non hanno scopo
al di fuori della grazia.
In ogni cosa poggiata
e dimenticata.
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