TEATRO RINGHIERA: UNA CHIUSURA DA PUNTUALIZZARE

La mattina di domenica 1 ottobre si è spenta l’ultima luce del teatro Ringhiera. Il sipario è calato, le porte sono state sbarrate. Nessuno spettatore varcherà più la soglia per prendere posto in platea e nessun attore ne calcherà più il palcoscenico. Il teatro Ringhiera ha chiuso. O meglio, è stato costretto a chiudere.

La decisione è venuta dall’alto, prima dell’estate e quando le stagioni teatrali erano state decise, quando il comune di Milano ha notificato al teatro la decisione della chiusura forzata, per poter attuare i lavori di restauro necessari per rendere nuovamente a norma di sicurezza la struttura. Motivo dunque legittimo e necessario, almeno sulla carta.

Eppure…

Noi de Lo Sbuffo siamo stati alla serata d’addio della compagnia, svoltasi il 30 settembre: In tenda!, una notte bianca, dalle 18 alle 6 del mattino, con musica, spettacoli e cibo. Una serata in cui tutti – attori, spettatori, ospiti – hanno salutato un amico che andava via, senza sapere se lo si sarebbe mai più rivisto.

Perché questo era il Ringhiera. Un punto d’incontro, tra umanità diverse e varie per età, estrazione sociale e abilità, un luogo dove tutti potevano trovare un proprio spazio, una propria dimensione. Tutti, attori creativi, attori appassionati, attori mancati e attori per sola passione. E il pubblico, un pubblico di fedeli e di profani, che poteva riscoprire in quel luogo un po’ malconcio una realtà, quella del teatro, che oggi sta svanendo. La serata di sabato ne è stata una prova, anche per noi che siamo riusciti ad assistervi.

La piazza antistante il teatro era stata decorata da sentieri artificiali delimitati da paglia e papaveri, circondata dalle tende in cui il pubblico avrebbe idealmente trovato riparo durante la notte. Mano a mano che il sole calava cedendo il posto al buio milanese, le luci si accendevano, facendo sprofondare la piazza in una atmosfera suggestiva: poche lanterne rompevano il buio e i papaveri spiccavano come piccoli lumi rossi.

Il primo ad esibirsi sul piccolo palco allestito al di fuori del teatro è stato il cantante Claudio Merli che ha animato una balera, cui hanno preso parte coppie di tutte le età.

Dopo di lui sono entrati in scena i grintosi The Mamabluesgrass Band, band che abbiamo scoperto in questa occasione e che ha dimostrato fin da subito il proprio valore, tra cover di brani famosi e non, suonate con uno stile vivace e folkloristico, mescolando musicalità popolari ad uno stile rock e calcando il palco con grande personalità. Inutile dire che siamo stati conquistati dall’energia degli istrionici artisti, mettendoci ad improvvisare un ballo sull’onda dell’entusiasmo generale.

Al termine dell’esibizione siamo entrati tutti all’interno del teatro che, per l’occasione, ha accolto a braccia aperte uno strabiliante numero di persone. La sala, infatti, era traboccante di spettatori e attori ed ospiti sono saliti a turno sul palcoscenico per ripercorrere la storia del teatro e della sua compagnia. Sketch comici e sketch tristi, momenti nostalgici e momenti di aperta polemica, davanti ad una scelta non condivisa e che andava necessariamente puntualizzata.

Ci sono stati ospiti illustri come Lella Costa, Elio De Capitani, Andrée Ruth Shammah e molti altri, che hanno dato a loro modo l’addio ad un teatro amico, rendendo omaggio al lavoro e all’impegno di Serena Sinigaglia, sperando che si scopra, un domani, che si trattava solo di un arrivederci. Cosa ne sarà adesso del Ringhiera, non è dato saperlo. La compagnia continuerà ad esibirsi su altri palchi, ospite di altri teatri, come una tribù nomade. L’edificio invece rimarrà lì, in attesa dei lavori di restauro, per tornare tra circa due anni ad ospitare chi si sarà aggiudicato il bando che verrà indetto solo allora dal Comune.

Eppure, lasciando quella sala e quella piazza e quelle persone, non si poteva evitare di avvertire una sensazione amara e spiacevole, come se andando via ci si chiudesse alle spalle un mondo estemporaneo, colorato e vitale nonostante il futuro prossimo, e non ci si poteva non domandare se la sua chiusura non rappresentasse una perdita per una città che ambisce a costruire un tessuto di vitalità e cultura fervente e brulicante. Osservando la gran calca di persone accorse a salutare il teatro e accorate nel loro dispiacere, noi de Lo Sbuffo siamo convinti che lo sia.

Confidiamo che l’energia dimostrata fino ad oggi possa riversarsi un domani per ricreare quella stessa realtà. Magari non tra quelle mura, magari non a Milano. Ma confidiamo che accada. Perché è giusto che sia così e perché ogni città necessita di – e merita – un luogo come il Ringhiera.

 

di Gaia Epicoco e Francesca Ferraro


 

Crediti immagini:

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