Alla fine la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna dalla Spagna è arrivata. Era stata annunciata subito dopo il referendum dell’1 Ottobre, ma ancora il 10 Ottobre nella riunione del Parlamento catalano c’era stata una certa calcolata ambiguità al riguardo: per settimane ci si è chiesti se fosse già stata dichiarata l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna. Ora l’interrogativo è stato definitivamente sciolto con una dichiarazione d’indipendenza unilaterale, e giuristi, politici, opinionisti e intellettuali iniziano a chiedersi quali saranno le conseguenze politico-amministrative di un simile passo. La risposta delle autorità centrali intanto non si è fatta attendere: il Parlamento di Madrid ha destituito tutti i membri del Governo Autonomo della Catalogna, ha rimosso i vertici della polizia catalana e ha preso il controllo della Regione Autonoma.
Nei fatti al momento è come se ci fossero due entità che rivendicano il controllo della Catalogna, ognuna delle quali dichiara l’altra illegittima e decaduta. Il premier spagnolo Mariano Rajoy infatti ha assunto la presidenza della Generalitat catalana dopo aver dichiarato destituito Charles Puigdemont. Quest’ultimo però non riconosce il provvedimento dopo che la Catalogna si è dichiarata una Repubblica indipendente. Il problema giurisdizionale non è di poco conto: entrambe l’entità possono rivendicare una qualche forma di legittimità (la sovranità nazionale da una parte, il mandato popolare dall’altra). Anche se dichiarata formalmente, al momento l’indipendenza resta congelata ancora una volta, in attesa di capire fino a che punto entrambe le parti vorranno spingersi per far rispettare la propria autorità a scapito dell’omologa entità rivale. Lo ha sottolineato anche il Corriere della Sera, con un certo cattivo gusto per quanto riguarda alcune immagini evocate:
“Non c’è sangue, per fortuna, ma non c’è neppure stato il gesto, l’atto liberatorio e catartico che segna una nascita. Purtroppo per la Repubblica catalana appena proclamata, è una rivoluzione che resta sotto il modello gandhiano non violento perché ha impressa sulla pelle la data di scadenza. Per sopravvivere, la Repubblica indipendente di Catalogna dovrà rinnegare se stessa, liberarsi della sua matrice non violenta e chiamare il popolo a soccorso, chiedere il sangue di martiri e ribelli. La via legale è chiusa.”
Effettivamente una dichiarazione d’indipendenza, per non essere un atto d’arbitrio, un colpo di mano eversivo, deve avvenire nella legalità; ma negli Stati moderni non c’è altro ente che possa rivendicare la sovranità legale se non l’autorità centrale statale, a cui sola spetta la definizione e l’esercizio delle prerogative sovrane. Ma, se è proprio da questa autorità centrale che ci si vuole separare, come si potrà mai ottenere da essa quella necessaria cornice legale che verrà ovviamente negata proprio perché in contrasto con l’idea che ci può essere una sola autorità sovrana, cioè lo Stato centrale? L’unica alternativa sarebbe la separazione consensuale con il reciproco riconoscimento di un pari livello di sovranità (e quindi un confronto tra due entità statali di pari status e così, nella propria indipendenza, legittimate a un dialogo sullo stesso piano); ma è ovvio che, se questo scenario esistesse, l’unità nazionale non esisterebbe già più da tempo, sarebbe probabilmente una finzione (come il Sacro Romano Impero di fronte ai nascenti Stati nazionali), o sarebbe già stata annientata da una logorante guerra civile che avrebbe portato i contendenti a più miti consigli. Se l’ultimo scenario non è ovviamente da augurarsi, nemmeno la messa in crisi della nozione moderna di Stato è senza conseguenze: essa porta con sé una revisione di concetti non di poco conto, come quelli di sovranità, legalità e autorità.
Quale legittimità ha però la Spagna nel rivendicare questa autorità centrale sulla Catalogna? Indubbiamente la lingua è diversa rispetto al castigliano, la lingua ufficiale della Spagna. Ma è anche vero che la storia della Catalogna è sempre stata insieme alla Spagna. La contea di Barcellona infatti nacque nell’ambito delle battaglie difensive dei Franchi contro quell’espansionismo arabo nella penisola iberica che rischiava di minacciare tutta l’Europa. Nel 1137 poi il territorio amministrato dal conte di Barcellona si unì con il principato d’Aragona, quando Raimondo Berengario IV di Barcellona si sposò con Petronilla d’Aragona, che nei fatti rinunciò al suo titolo in favore del marito (in realtà solo il figlio divenne formalmente principe d’Aragona e conte di Barcellona). In questo modo nasceva una nuova grande potenza, che, alleandosi con i re di Castiglia, avrebbe progressivamente estromesso dai giochi anche l’altra importante realtà territoriale spagnola, la Navarra. Del resto in quegli anni la riconquista della penisola iberica si intersecava con una lotta tra i vari potentati cristiani per la supremazia su quegli stessi territori strappati agli Arabi. Gli scontri sarebbero proseguiti fino alla conclusione della riconquista spagnola, quando nel 1469 il matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, insieme alla caduta dell’ultimo bastione arabo di Granada, avrebbe riunificato de facto (ma non di diritto) i vari regni spagnoli. In tutto questo c’è certamente poco di quel romanticismo dei popoli che nell’Ottocento spesso ha riscritto la storia d’Europa. E senza dubbio il percorso fatto poi dai grandi Stati europei come la Spagna, con l’Assolutismo e l’Illuminismo che portarono a soffocare ogni corpo intermedio in nome di una riorganizzazione razionalistica dello Stato centrale, ha rilanciato una certa percezione di alterità da parte di un popolo con una lingua diversa rispetto a quella parlata della compagine centrale, tutta egemonizzata da apparati castigliani.
Una dichiarazione d’indipendenza che voglia incidere in profondità, non limitandosi quindi a un gesto simbolico destinato a durare solo qualche ora e a cadere poi sotto i colpi dell’irrilevanza internazionale, dovrebbe inesorabilmente farsi carico di una nuova idea di Stato e Nazione, esigenze queste forse sempre più impellenti ai tempi della Brexit e di questa nuova Europa ormai già in crisi.
Fonti: losbuffo.com, amicidellacasadeidiritti.it, corriere.it, lastampa.it, repubblica.it, it.euronews.com, askanews.it, rainews.it, uk.reuters.com, bbc.co.uk, theguardian.com, aljazeera.com, tg.la7.it, ilpost.it, treccani.it, istitutoeuroarabo.it
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