Per fare un tavolo, ci vuole il legno: per rendere un capo di haute couture alla portata di tutti, basta H&M.
Non manca poi tanto al prossimo 2 novembre, quando uscirà -in circa 220 punti vendita selezionati a livello mondiale- la quattordicesima collaborazione del colosso svedese con uno stilista appartenente al mondo dell’alta moda: il nome è quello di Erdem, designer largamente apprezzato e specializzato nella realizzazione di capi d’abbigliamento femminile.
Un passo indietro, tuttavia, alle radici di questo fenomeno. Era il (lontano) 2004 quando il marchio low-cost con sede a Stoccolma ebbe una semplice, ma geniale intuizione: contattare un big della moda e proporre un vero e proprio lavoro di squadra, basato sul connubio tra intelligenza creativa di stilisti affermati in un contesto di potenza mediatica e commerciale di un brand come H&M. Il tutto attenendosi ad un solo, unico obiettivo: quello di creare capi di vestiario con un tocco di design spregiudicatamente haute e, allo stesso tempo, tenere fede ad uno dei cardini fondamentali del marchio. Ovvero essere cheap.
Il primo ad essere chiamato in causa fu Karl Lagerfeld. Il kaiser della moda, dopo aver entusiasticamente accettato, aveva proposto in quell’occasione una collezione di abbigliamento esclusivamente femminile, ripercorrendo così alcuni dei suoi più grandi trionfi passati e riportandoli sotto i riflettori. La differenza però la fece il prezzo: gli articoli in oggetto, pur essendo firmati da uno degli artisti in assoluto più eccentrici e visionari del panorama fashion, avevano un costo decisamente inferiore rispetto a quelli di solito inseriti all’interno del catalogo della factory lagerfeldiana, al punto da essere accessibili praticamente a tutti. Quanti pensavano che l’arguta trovata si sarebbe risolta in un totale disastro, si sono dovuti ricredere: le notizie riguardanti il sold-out completo in meno di un’ora e le file immense all’ingresso dei punti vendita scandirono le ore nel giorno di debutto della collezione.
Da quel momento, e per i successivi anni, si susseguirono negli store H&M firme tra le più prestigiose del mondo della moda internazionale: Stella McCartney, Roberto Cavalli, Jimmy Choo, Versace, Martin Margiela, Balmain e Kenzo, solo per citare i più conosciuti.
A tredici anni di distanza, il progetto pare viaggiare su binari solidi e definiti: e la potente campagna pubblicitaria portata avanti da H&M ad ogni annuncio di collaborazione ha di certo favorito il propagarsi di questo fenomeno senza intoppi. Tutto, pur di colpire il cliente e metterlo nella posizione di poter per la prima volta comprare anch’egli un capo firmato senza uscire dal negozio con il portafogli troppo leggero. Il lusso, in precedenza appannaggio esclusivo di un’élite ristretta, spesso a tiratura singola o limitata, ora si fa serie, aprendo le proprie porte ad un pubblico non più di prescelti, ma di persone comuni.
E gli stilisti? Se da una parte queste collaborazioni non hanno fatto altro che creare un ponte tra gli acquirenti e un certo numero di brand ritenuti irraggiungibili dai più, non pochi addetti ai lavori hanno sollevato l’idea che ciò potrebbe creare una sorta di ‘contaminazione’ delle alte sfere, in quanto verrebbe meno quel principio di esclusività che rappresenta proprio la caratteristica centrale di queste maison. Sebbene molti, Kaiser Karl in primis, non sembrino aver paura di sporcarsi le mani, una cosa è evidente: il mondo della moda sta cambiando, e nessuno sa per certo cosa riserveranno gli anni a venire. Del resto potrebbe suonare blasfemo, ma in futuro chissà: magari H&M is the new Chanel. Per nostra fortuna, quel giorno non è ancora arrivato.