Al sentir parlare di mercato nero la prima reazione istintiva probabilmente sarebbe di pensare che si fa riferimento a un lontano passato, magari ai tempi duri della II Guerra Mondiale, oppure a Paesi estremamente poveri, dove per sopravvivere è necessario cercare di procurarsi in maniera illegale perfino i beni di prima necessità, perché impossibili da ottenere in altro modo. Un fiorente mercato nero però esiste ancora oggi pure da noi, e ha trovato un efficiente modo di sfruttare le più moderne tecnologie.
Quest’estate ha suscitato scalpore la notizia di una modella rapita da criminali intenzionati a rivenderla al miglior offerente su Internet: a molti la storia è apparsa incredibile, ma, sebbene alcuni particolari importanti della vicenda restino ancora da chiarire, vicende di questo genere sono purtroppo tutt’altro che eccezionali. La tratta di persone ha trovato in Internet uno strumento altamente efficace per i propri traffici inumani. Anche nel mondo virtuale ci sono zone oscure, in cui criminali senza scrupoli si sono riusciti a insidiare e a costruire veri e propri imperi virtuali: è il cosiddetto Dark Web. Il lato oscuro del Web del resto ha subito trovato molto allettanti per i propri affari alcuni dei più importanti aspetti della realtà virtuale: l’anonimato e le comunicazioni sempre più protette da occhi indiscreti rendono il Web il luogo ideale dove riuscire a sfuggire con sempre maggiore successo al controllo delle forze dell’ordine; le reti globali fanno poi gola alle organizzazioni criminali sempre più internazionali e collegate tra loro in una serie di traffici sovranazionali resi possibili anche grazie agli strumenti di Internet. Si è spesso favoleggiato su come il Web abbatta le frontiere e aiuti a incontrarsi e a condividere il sapere, ma si è spesso sottovalutato il fatto che la Rete inevitabilmente avrebbe inesorabilmente ricreato le stesse dinamiche della società, e quindi sarebbe (ed è) diventata anche un potente strumento per la creazione di reti criminali internazionali.
Si sarebbe tentati di pensare che il Dark Web sia solo un alone oscuro, una macchia periferica limitata solo a certi luoghi particolari, come lo è la criminalità nelle nostre città. In realtà però il Dark Web andrebbe meglio definito Deep Web, il Web profondo, quello non indicizzato da Google, ed è cosa nota che ciò che Google indicizza è soltanto un infinitesimo rispetto al mare magnum di Internet, praticamente solo la punta di un iceberg. In questo senso il mondo virtuale presenta proporzioni quasi opposte rispetto alla realtà sociale, forse proprio per la natura originariamente incontrollata di Internet che vi ha permesso il proliferarsi di attività criminali. Nel Deep Web infatti esistono dei veri e propri eBay e Amazon della malavita: è notizia sempre di quest’estate che la polizia è riuscita finalmente a smantellare quello che si potrebbe definire il più importante store del Dark Web, AlphaBay. Per farsi un’idea del giro d’affari che muoveva basti considerare che gli affari che vi si facevano erano stimati tra i 600 mila e gli 800 mila dollari al giorno grazie allo spaccio virtuale di droga, al commercio d’armi, al contrabbando di tabacco o alla rivendita di carte di credito, credenziali informatiche e altri documenti rubati, contraffatti o falsi.
Ma com’è possibile che volumi d’affari di questa ampiezza possano restare occultati? Oltre ad essere state messe a punto soluzione tecnologiche che permettono di collegarsi in questi pericolosi meandri della Rete senza poter essere identificati né localizzati, il Deep Web ha trovato in uno strumento di per sé legale e legittimo come i Bitcoin, una valuta elettronica e criptata per permettere in tutta sicurezza lo scambio e la conservazione di denaro senza l’intermediazione dei tradizionali circuiti finanziari, la soluzione perfetta per i propri traffici. Traffici tutt’altro che limitati a poche persone e dai riflessi non trascurabili, oltre che dal punto di vista penale, anche per le politiche democratiche. Recenti studi hanno iniziato a indagare se è stato possibile manipolare le elezioni americane e francesi grazie alla compravendita illegale di bot responsabili della propagazione sul Web di fake news realizzate allo scopo di aiutare mediaticamente il politico committente. Se la natura dell’opinione pubblica in democrazia è problematica fin dalle origini ateniesi, come testimoniano già le commedie di Aristofane, i nuovi strumenti del mercato nero al tempo di Internet preparano scenari ancora più allarmanti per le nostre società democratiche.
Fonti: ilmegliodiinternet.it, euronews.com, thesubmarine.it, hdblog.it, wired.com, bloomberg.com, federfarma.it, news.com.au, cbsnews.com, smoketrip.it, punto-informatico.it, thinkprogress.org
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