Referendum Lombardia, tutto quello che c’è da sapere

Domenica 22 ottobre, dalle 7 alle 23, milioni di cittadini di Lombardia e Veneto saranno chiamati a votare per il “Referendum per l’autonomia“. Il referendum, indetto dai due governi regionali dei leghisti Maroni e Zaia, sembra ancora avvolto nel mistero, anche a poche ore dal voto. C’è chi lo paragona alla situazione catalana, chi sostiene che sia solo una questione di soldi, chi lo definisce una totale perdita di tempo e risorse. Partiamo dall’inizio, e proviamo a risolvere alcuni dubbi sulla vera natura del quesito referendario in questione.

Innanzitutto, è un referendum sull’autonomia, non sull’indipendenza. Qualunque parallelismo con la Catalogna, quindi, appare fuorviante e usato per strumentalizzare la vicenda. Lombardia e Veneto non stanno chiedendo l’indipendenza dallo Stato Italiano, ma una condizione simile a quella di regioni come Valle d’Aosta o Sardegna, le cosiddette “regioni a statuto speciale“. È lo stesso governo lombardo a precisare di volersi muovere “nel pieno rispetto della Costituzione”. Ovvero, nessuna aspirazione indipendentista. Almeno per ora.

Esclusa la questione dell’indipendenza, che cosa si intende per “autonomia”? Il succo della questione è il cosiddetto “residuo fiscale“. Il residuo fiscale è la differenza tra le tasse versate da una regione allo stato centrale e la quota che lo stato restituisce a quella regione. Si dà il caso che la Lombardia sia la regione italiana con più alto residuo fiscale, in sostanza dà più di quanto riceva. Motivo per cui i promotori del referendum chiedono di dimezzare il residuo fiscale della Lombardia, facendo restare il 50% di imposte in più nella regione. Altri sostengono però che questo sia impossibile, perché incostituzionale. Infatti, si legge all’Art.117 della Costituzione:

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie;

 

Ciò indicherebbe che una regione non possa decidere autonomamente la quantità di tasse da versare all stato e quella da tenere per sé.

Inoltre, il referendum è puramente consultivo. Ciò significa che, qualunque sia l’esito, non avrà effetti immediati nel concreto. In passato, la Lombardia ha più volte tentato di ottenere lo status di autonomia dal parlamento italiano, senza riuscirci. Se dovesse vincere il sì, la procedura si riavvierà: avrà dalla sua una legittimazione politica non indifferente, ma dovrà pur sempre ricevere l’approvazione del parlamento. Se dovesse vincere il no, la procedura si fermerà momentaneamente, anche se nulla vieta sviluppi successivi. In sintesi, se vince il no si avrà un nulla di fatto, se vince il sì non si avrà immediatamente l’autonomia. In quel caso la palla passerà al parlamento, che potrebbe anche decidere di bloccare l’intera operazione.

C’è anche da considerare che il referendum sarà il banco di prova per un nuovo sistema di voto. Ai seggi infatti non ci sarà traccia della classica matita, sostituita da avveniristiche “voting machine”. Il voto sarà elettronico, e si esprimerà la propria preferenza attraverso dei tablet. E se il costo dell’operazione non sarà indifferente, è dal fronte della sicurezza che arrivano le preoccupazioni maggiori. Nessuno infatti ha idea del sistema di sicurezza che si userà nella votazione. Dalla compagnia produttrice garantiscono l’assoluta mancanza di rischi, ma il timore di contaminazioni o brogli è alto. Hermes Center, associazione no-profit per la trasparenza e la difesa dei diritti umani digitali, fa sapere che ci sono i presupposti per un ricorso al Tar. Questo sistema non garantirebbe uno svolgimento pulito e trasparente delle votazioni, e sarebbe quindi anch’esso incostituzionale.

La strada non è certo spianata per i sostenitori dell’autonomia lombarda. Se doveste essere tra le persone ancora indecise se recarvi ai seggi, c’è però un altro elemento da considerare. A differenza del Veneto, il referendum in Lombardia non prevede un quorum. Si legge in una nota della Regione:

In Lombardia non è previsto il quorum, a differenza del Veneto. Ciò significa che, a prescindere dal numero dei votanti, quello che conta sarà la vittoria del sì o del no.

Per quanto condivisibile, questa potrebbe essere una buona ragione per andare a esprimere il proprio parere. Positivo o negativo che sia. Ammesso che si riesca a votare.

 

Aggiornamento delle 18.00: Il dato dell’affluenza alle 12 mostra che in mattinata si è recato ai seggi solo l’11% dei lombardi, contro il 21,1% dei veneti (dove secondo le previsioni si supererà il quorum). Milano segna uno dei dati più bassi, affluenza ferma all’8,63%. Arrivano le prime reazioni dal campo della Lega Nord. Matteo Salvini fa sapere che a prescindere dall’esito il suo partito è pronto a trattare con il governo. Fonte

Aggiornamento delle 23.00: Si sono appena chiusi i seggi. Data per scontata una vittoria del sì, ma ancora si aspettano i dati definitivi dell’affluenza. Se alle 19.00 era stato superato il 50% degli aventi diritto in Veneto, in Lombardia l’affluenza si attestava sul 31,81%. Tra le lombarde, Milano si è riconfermata la città con la più alta astensione, circa 3 cittadini su 4 sono rimasti a casa, mentre si sfiorava il 40% di votanti a Bergamo. Fonte

Fonti:

regione.lombardia.it

milano.repubblica.it

milano.repubblica.it

 

Immagini: Wikimedia Commons / Pinterest

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