‘HAMILTON’: IL MUSICAL CHE RACCONTA UNA RIVOLUZIONE È UNA RIVOLUZIONE PER IL TEATRO DI OGGI

È l’estate del 2008 quando Lin-Manuel Miranda acquista per caso Alexander Hamilton[1] di Ron Chernow, libro biografico sul padre fondatore degli Stati Uniti d’America. La scelta è casuale, Miranda è alla ricerca di qualcosa da poter leggere in vacanza e la massiccia biografia di oltre 700 pagine lo incuriosisce.

Lin-Manuel Miranda è un attore, scrittore, cantante, compositore, rapper e traduttore americano di origini portoricane. Nel 2008 aveva 28 anni e aveva già ottenuto una serie di premi e nomination per il suo primo musical In The Heights, per cui aveva scritto musiche e testi, e nel quale interpretava il protagonista.

Il libro di Chernow diventa in breve uno dei testi a lui più cari, letto, riletto e consultato infinite volte, pieno di annotazioni e pagine con gli angoli piegati.
Durante la lettura, Miranda inizia immediatamente a visualizzare la vita di Alexander Hamilton sotto forma di canzoni legate l’una all’altra, e gli ci vuole ben poco per individuare gli eventi più rilevanti e i temi che sembrano riprendersi continuamente durante la vita di Hamilton.
Tali tematiche diventeranno le fondamenta del futuro musical Hamilton: libertà e guerra, l’importanza di combattere per quello in cui si crede, il potere delle parole e soprattutto della parola scritta, l’effetto che le azioni hanno sulla Storia, la capacità di costruire il proprio percorso nonostante i pregiudizi e, soprattutto, il desiderio bruciante di lasciare a tutti i costi una traccia del proprio operato sulla terra, la propria eredità.

Dal 2008 in poi, Miranda continua a rigirarsi tra le mani quest’idea di scrivere un album hip-hop che racconti la vita del primo Segretario del Tesoro dello Stato americano.
Inizia a lavorarci, scrive alcune canzoni e chiama questo primo abbozzo d’idea The Hamilton Mixtape. Ne parla spesso ad amici, colleghi, alla sua futura moglie Vanessa Nadal e, nonostante abbia altri progetti su cui concentrarsi, non dimentica mai l’idea.

La prima tappa importante per la nascita di Hamilton è la notte del 12 maggio 2009.
Miranda è infatti chiamato dal presidente alla Casa Bianca come ospite alla serata “An Evening of Poetry, Music, and of Spoken Word”, una delle prime iniziative della presidenza Obama volte a favorire le arti e i creativi.
Miranda è l’ultimo a salire sul palco, alla chiusura della serata, e sorprende tutti esibendosi con una nuova canzone, mai suonata in pubblico prima d’ora. Esordisce con:

“I’m actually working on a hip-hop album –a concept album- about the life of someone who embodies hip-hop: Treasury Secretary Alexander Hamilton.”

 

Il pezzo che canta è Alexander Hamilton, il numero d’apertura del musical che vedrà la luce nel 2015.

https://www.youtube.com/watch?v=WNFf7nMIGnE

Nel corso degli anni successivi Miranda continua a muoversi: prende contatto con Chernow, storico e autore della biografia su Hamilton, il quale acconsente a fargli da consulente per le canzoni dello show. Miranda non intende commettere errori nel raccontare la vita di Hamilton e nel presentare il quadro storico-politico di fine Settecento, e ha bisogno del consiglio di uno storico per essere preso sul serio da altri storici.

Tra canzoni buttate giù in un batter d’occhio, e altre che gli portano via mesi e mesi (impiega un intero anno per scrivere My Shot, il terzo numero dello show, sicuramente uno dei più iconici), arriva il 6 agosto 2015, notte della prima a Broadway, al Richards Rodgers Theatre di New York.

Il musical ha un successo enorme fin dalla prima serata, che va aumentando nel corso dei mesi, rendendolo un fenomeno mondiale.
I biglietti – costantemente introvabili- raggiungono prezzi esorbitanti, basti pensare ai quasi 10.000 dollari chiesti per una seconda fila all’ultima performance di Miranda, il 9 luglio 2016.

Nessuno riesce a rimanere indifferente di fronte alla rappresentazione teatrale della vita di Alexander Hamilton. E nessuno capisce per quale motivo questo succeda, almeno all’inizio, quando ci si ritrova con le lacrime agli occhi, le mani strette sui braccioli della propria seduta e il cuore che palpita mentre il cast canta e racconta di come un ragazzo senza nome, senza famiglia e senza soldi si sia fatto strada nella vita a colpi di penna, fino a raggiungere la cima.
Tutti, senza eccezioni, si domandano: “Perché mi sto commuovendo di fronte ad Alexander Hamilton? E perché non l’ho mai fatto prima?”
Jimmy Fallon, conduttore e comico americano, ha riassunto bene quest’emozione dopo aver visto il musical:

After the first two songs I looked at my wife and we were like: ‘This… This might be the greatest thing we’ve ever seen. Ever.’”[2]

È proprio questa la sensazione che si prova di fronte all’opera. I testi, le rime e le assonanze partorite da Miranda nel corso di oltre sei anni di lavoro contribuiscono a renderla memorabile. Non c’è niente di scontato o di superfluo, ogni parola compare e ricompare per uno scopo, ogni rima viene ripresa nel corso delle due ore di spettacolo per un motivo.

Ma perché un musical a sfondo storico ha riscosso e continua a riscuotere oggi un successo così grande in tutto il mondo, tra persone di tutte le età?
In primo luogo, sicuramente perché tratta del passato utilizzando linguaggi contemporanei. La musica, le parole, le battute sono moderne e originali.
Inoltre, vengono presentati messaggi che riguardavano quel tempo, ma importanti per il nostro presente: Alexander Hamilton (1755-1804) era il figlio bastardo di uno scozzese, nato su un’isola caraibica. Abbandonato dal padre e rimasto orfano della madre in giovane età, Hamilton riuscì ad imbarcarsi su una nave alla volta dell’America, giungendo a New York. Non aveva un nome, una famiglia, un soldo. Non aveva nulla. Eppure, nel corso delle due ore e mezza di spettacolo e con l’ausilio delle oltre 20.000 parole che compongono i rap e le melodie del musical, Miranda (che ha interpretato lo stesso Alexander Hamilton fino al 2016) e il resto della compagnia, raccontano di come il protagonista sia passato dal non avere nulla al conquistarsi una laurea in giurisprudenza, un posto come braccio destro di George Washington, una moglie proveniente da una delle famiglie più agiate della città, un lavoro come Segretario del Tesoro del nuovo Stato americano che lui, Washington, James Madison, Thomas Jefferson, Aaron Burr e gli altri protagonisti della politica americana Settecentesca stavano creando.

Il musical non è nemmeno volto a celebrare la figura di Alexander Hamilton come un eroe.
Miranda era consapevole che nella storia, nella realtà, non ci sono i buoni e i cattivi, ma esistono tante sfumature di grigio nel mezzo. È questo quello che si intende comunicare: Alexander Hamilton non è un eroe, nonostante l’importanza enorme delle sue azioni; Aaron Burr non è il cattivo, nonostante abbia ucciso Hamilton, è anzi il narratore della storia.
La vita di Alexander fa quasi da perno centrale attorno al quale ruotano altre storie degne di nota, prima tra tutte quella di Eliza Schuyler Hamilton, sua moglie. Se c’è un’eroina da trovare nello spettacolo, è lei.

Il successo dello show sta anche nel fatto che tutti possono apprezzare Hamilton, perché tutti hanno più o meno confidenza con la musica hip-hop, R&B, blues, soul e jazz. Nel musical si parla spesso d’incontri politici, piani da presentare al Congresso americano, della nascita di una nazione, e il tutto risulta interessante, divertente ed emozionante, perché lo si fa con ritmo hip-hop, strofe rappate alla velocità di 6,3 parole al secondo (Guns and Ships) e melodie intriganti.

Inoltre, il cast di debutto era un cast d’eccezione: Miranda era affiancato ogni sera da Jonathan Groff (King George III), Leslie Odom Jr. (Aaron Burr), Anthony Ramos (John Laurens/Philip Hamilton), Christopher Jackson (George Washington), Jasmine Cephas Jones (Peggy Schuyler/Maria Reynolds), Renée Elise Goldsberry (Angelica Schuyler), Phillipa Soo (Eliza Schuyler), Daveed Diggs (Marquis de Lafayette/Thomas Jefferson) e Okieriete Onaodowan (Hercules Mulligan/James Madison).

Con le sue 46 canzoni, Hamilton è stato insignito di numerosi premi prestigiosi, tra cui 11 Tony Awards su 16 candidature (2016), un Grammy Award come miglior album a un musical teatrale (2016), ed è uno dei 9 musical su 83 premi ad aver vinto il Premio Pulitzer per la drammaturgia (a Lin-Manuel Miranda, 2016).

Dal debutto a Broadway sono passati più di due anni ormai, ma il successo non fa che aumentare invece che scemare.
Lin-Manuel Miranda continua a postare sui social nuovi contenuti di quando in quando, com’è successo lo scorso agosto, quando ha annunciato l’uscita dell’app ufficiale del musical, dalla quale si possono avere notizie dell’ultimo minuto, si può partecipare alla lotteria per aggiudicarsi i biglietti, e si può accedere all’area del merchandise con alcuni articoli esclusivi.

Oggi Hamilton viene portato in scena otto volte a settimana a New York, a Chicago (CIBC Theatre), ad agosto ha aperto a Los Angeles (Hollywood Pantages Theatre) con un tour americano che toccherà oltre trenta Stati per il momento, con date programmate fino al 2019; a dicembre 2017 aprirà finalmente in Europa, al Victoria Palace Theatre di Londra, nel West End.

Hamilton è stato definito dalla critica come uno dei capolavori del nostro secolo, e Michelle Obama ne ha detto:

It was simply, as I tell everybody, the best piece of art in any form that I have ever seen in my life.”

-Credits:

  • Fonti:
    1) http://www.hamiltonbroadway.com/
    2) Lin-Manuel Miranda, Jeremy McCarter, Hamilton – The Revolution, 2016, Grand Central Publishing.
    3) Hamilton’s America (Alex Horwitz, 2016)
    4) https://www.theguardian.com/commentisfree/2016/mar/15/hamilton-at-the-white-house-obamas-art-theater

 

[1] Ron Chernow, Alexander Hamilton, 2004, Penguin Books.

[2] Hamilton’s America (Alex Horwitz, 2016)

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